lunedì 9 gennaio 2012

La sinistra africana si organizza

A fine novembre si è tenuto a Bamako, capitale del Mali, il terzo incontro della Rete della sinistra africana (ALNEF ovvero African Left NEtwork Forum) al quale hanno partecipato alcune decine di partiti socialisti, comunisti e rivoluzionari, secondo quanto riferisce l'Humanité. Ad ospitare la riunione è stato il Partito SADI, solo partito di opposizione parlamentare di questo paese dell'Africa Occidentale. L'obbiettivo dell'incontro, scrive ancora l'Humanité era di "rafforzare la struttura del network e di discutere le strategie per la conquista del potere, per lottare contro le ingerenze straniere e favorire l'integrazione africana". 


Il Network raccoglie una cinquantina di partiti della sinistra anticapitalista di diverso orientamento ideologico di tutto il continente (Sud Africa, Sudan, Eritrea, Guinea, Senegal, Benin, Camerun, Kenia, Tunisia, Ruanda, Burundi, Burkina Faso, Marocco, Costa d'Avorio, Repubblica Democratica del Congo, Egitto, ecc.) e si ispira esplicitamente al Foro di San Paolo che ha unito la sinistra latinoamericana dal 1990 con l'obbiettivo di organizzare la resistenza all'offensiva neoliberista.  L'America latina ha suscitato grandi speranze in Africa per gli insegnamenti che fornisce alle forze politiche e sociali che si propongono la trasformazione della società. Ma a differenza di quanto avviene nell'America del Sud dove la sinistra è riuscita ad arrivare al governo grazie al successo elettorale, in Africa è quasi ovunque all'opposizione con l'eccezione del Partito Comunista Sudafricano (SACP) che assieme all'African National Congress e al sindacato COSATU fa parte della coalizione al potere.


"Quali strategie, quali azioni concrete possono mettere in atto delle formazioni politiche dai mezzi spesso molto limitati, che operano in democrazie utilizzate dai più potenti, civili o militari, per perpetuarsi al potere attraverso la frode, la repressione, le riforme costituzionali?", si chiede l'inviato dell'Humanité a Bamako, Chrystel Le Moing. Diversi paesi africani rischiano di finire nel caos al seguito di processi elettorali che non garantiscono trasparenza e la libera espressione dei cittadini, per questo i partecipanti all'incontro esigono dai regimi in carica l'organizzazioni di processi elettorali pienamente democratici, chiamando a vigilare l'Unione Africana. 


I componenti del Network, alla luce della ripresa degli interventi militari straniere nei territori africani pongono al centro il tema della lotta contro l'imperialismo anche attraverso l'integrazione del continente traendo ispirazione dai rivolzuionari africani che sono battuti per una vera indipendenza come Nkwame Nkrumah, Patrice Lumumba, Modibo Keita, Sekou toure, Felix Moumié, ecc. 


"I paesi del Nord, potenze capitalistiche e oligarchie finanziarie che dominano e sfruttano il mondo senza alcun ritegno, sono destabilizzati da una temibile crisi finanziaria, una crisi del debito, conseguenza dello scacco dell'ideologia neoliberista", ha dichiarato il presidente del SADI, Cheikh Oumar Cissokho. In Mali ha suscitato molto risentimento l'intervento militare occidentale in Libia dato che molti cittadini del paese africano avevano trovato in Libia e il regime di Gheddafi aveva investito nell'immobiliare e nell'agricoltura di questo paese. 


Il lavoro in direzione delle classi popolari con i giovani, le donne e i movimenti sociali costituisce un asse centrale delle risoluzioni approvate. Il cambiamento -sintetizza ancora il giornalista dell'Humanité - passa attraverso i popoli che si rivoltano in nome della dignità, della giustizia sociale e della democrazia. La sinistra riesce ancora difficilmente a cogliere le opportunità storiche offerte dalle crisi dei regimi. "Il settarismo, la divisione, l'opportunismo privano i popoli della possibilità di assaporare la vittoria", ha dichiarato Mohame Jmour, del PTPD tunisino. La costruzione dell'unità a sinistra e la sua praticabilità dipendono dalla costruzione di questi legami sociali.


I partecipanti all'incontro hanno assunto l'impegno di ritrovarsi in Tunisia nel 2012 per una nuova tappa nel rafforzamento del Network. A questo fine è stato anche costituito un segretariato permanente formato da rappresentanti del Mali, Burkina Faso, Senegal, Ruanda, Kenya, Tunisia, Sudan e Sud Africa, il cui coordinatore è il responsabile internazionale del PC Sudafricano Chris Mathlako. Una delegazione del Partito Socialista Unito del Venezuela presente alla riunione ha formalizzato un invito al Network africano a partecipare al prossimo Foro di San Paolo fissato per il luglio 2012 a Caracas, Venezuela. Un ruolo importante di sostegno al processo di avvicinamento e coordinamento continentale della sinistra africana, anche attraverso un concreto contributo materiale, l'ha dato il Partito di Sinistra Svedese rappresentato a Bamako da Margarette Live.


Non si può che valutare positivamente questo sviluppo del confronto e dell'unità tra le diverse forze della sinistra in un continente attraversato da grandi contraddizioni e gravi condizioni di miseria, instabilità e arretratezza,fondato sul principio dell'"unità nella diversità" e all'interno di una struttura policentrica della sinistra mondiale.


Franco Ferrari

mercoledì 4 gennaio 2012

L'incontro di Atene dei Partiti Comunisti


Si è tenuto ad Atene, dal 9 all'11 dicembre scorsi, l'annuale incontro che riunisce i partiti comunisti di tutto il mondo. Si tratta del 13° appuntamento di questo tipo, Le prime edizioni si erano già svolte nella capitale greca ed avevano più modestamente il carattere di un seminario per lo scambio di opinioni tra partiti scossi dal crollo dell’Unione Sovietica. Nel tempo ha acquisito obbiettivi più ambiziosi cercando di diventare lo strumento per la ricostruzione di un “movimento comunista internazionale”, modellato sullo schema che fino alla metà degli anni ‘80 lo aveva tenuto organizzato attorno all’Unione Sovietica. Inizialmente era gestito dal solo PC Greco, successivamente si è formato un gruppo di lavoro nel quale sono presenti una decina di partiti di tutti i continenti. Negli ultimi anni si era svolto in sedi diverse dalla Grecia (Sud Africa, India, Portogallo, Brasile, Bielorussia). In questa occasione il Meeting è stato nuovamente convocato ad Atene, sede di un aspro conflitto sociale determinato dalla gravissima crisi economica, anche per l’indubbio interesse del Partito ospitante di rendere visibile il suo inserimento in un ampio contesto internazionale in vista delle elezioni politiche anticipate che dovranno tenersi in primavera.

L’incontro può essere valutato da diversi punti di vista per quanto consente la documentazione disponibile. Buona la partecipazione, considerata l’affluenza di 78 partiti di 59 Paesi. Di questi 25 provenienti dall'Europa occidentale, 21 dall'Europa ex-socialista e dall’ex Unione Sovietica, 10 dal Medio Oriente, 10 dall'Asia, 11 dall'America Latina, 1 dall'Africa. Per quanto riguarda il loro ruolo ve ne sono quattro che reggono sistemi a partito unico (Cuba, Corea, Laos, Vietnam). Altri che hanno una funzione di governo primario ma in piccoli paesi e all'interno di sistemi pluralisti (Cipro, Guyana). C'erano partiti al governo nei rispettivi Paesi, ma in alleanze di cui costituiscono un partner minore, come il Bangladesh (Partito Operaio), il Brasile (PC del Brasile), il Sud Africa, la Siria, il Venezuela. Contributi scritti sono stati inviati da alcune forze politiche che non hanno potuto essere rappresentate ad Atene (Bolivia, Filippine, PPS Messico). 

Se si confronta con la lista di partiti comunisti presente sul sito Solidnet, gestito dal PC Greco, che ne elenca complessivamente 114, si notano fra le 31 assenze alcune particolarmente significative. In primo luogo il Partito Comunista Cinese che dopo aver inviato propri osservatori in precedenti occasioni ha disertato l'appuntamento di Atene, pur professando una politica di relazioni a tutto campo con forze che vanno dalla destra all'estrema sinistra, e mantenendo buoni rapporti con l’Internazionale Socialista. Altre assenze di rilievo sono anche quelle del PC Moldavo, del PC Giapponese, del PC UML del Nepal, del PC Iracheno. Per altri partiti, soprattutto dall'America latina, si può ritenere che la loro mancata partecipazione non esprima una scelta politica ma la mancanza di mezzi materiali tali da poter frequentare assiduamente gli appuntamenti internazionali. 

Il PC Giapponese, da parte sua, non ha mai partecipato a questi incontri e mantiene una totale indipendenza nella gestione delle sue relazioni internazionali. Per quanto riguarda il PC Moldavo si può ritenere che la sua assenza sia legata alla scelta del PC Greco di sostenere un piccolo gruppo scissionista moldavo, il quale non risulta però invitato, non essendo riconosciuto dagli altri partiti. Da parte loro i comunisti iracheni sono stati oggetto ripetutamente di critiche da una parte delle forze comuniste per la politica seguita dalla caduta di Saddam Hussein, quando hanno partecipato al governo provvisorio seguito all'invasione americana. Qualche partito ne aveva addirittura proposto l'espulsione da questi meeting internazionali. E' possibile che la loro assenza sia una conseguenza diretta o indiretta di queste polemiche.

Un secondo punto dal quale valutare l’incontro è il documento finale. Si tratta di un testo relativamente breve, intitolato “Il socialismo è il futuro”. Abitualmente questi testi sono predisposti dal partito ospitante e poi sottoposti alla valutazione degli altri partecipanti. Non si può considerare un vero e proprio documento finale rappresentativo delle posizioni dei partiti partecipanti. La stessa lettura degli interventi al seminario fa emergere valutazioni nettamente diverse, e assai meno dogmatiche, anche su questioni fondamentali. Nel testo invece prevalgono nettamente le posizioni neo-staliniste del Partito Comunista Greco.

Lo si vede ad esempio nell’uso del concetto di “controrivoluzione” come causa del crollo dell’Unione Sovietica e del socialismo reale. Questa definizione, poco sostenibile alla luce di un’analisi oggettiva di quello che è stato un crollo dovuto all’incapacità di risolvere contraddizioni economiche e politiche strutturali, è funzionale alla piena riabilitazione dell’URSS staliniana e dalla condanna del XX Congresso portata avanti dai comunisti greci.

Anacronistici sono anche altri riferimenti contenuti nel documento. Il richiamo al “socialismo scientifico” serve a riaffermare una ortodossia ideologica da contrapporre alla ricerca di un “socialismo del XXI secolo” che nasce soprattutto dall’esperienza dei movimenti progressisti e socialisti dell’America latina. Molto discutibile anche il ripristino della formula dell’ “internazionalismo proletario”, ripudiata da molti partiti già negli ’70, tra cui il PC Italiano, in nome di un più adeguato e comprensivo “nuovo internazionalismo”. L’obbiettivo, in questo caso è di far prevalere una identità ideologica da contrapporre al riconoscimento della pluralità delle forze delle sinistra anticapitalista e alternativa a livello mondiale.  Diventa in questo modo strumento di divisione a sinistra, mentre contemporaneamente nascono e si sviluppano in direzione opposta importanti strumenti di aggregazione e di confronto politico fra le forze della sinistra (Foro di San Paolo, Partito della Sinistra Europea, Rete della sinistra africana e Forum della sinistra araba). Alla riesumazione dell’internazionalismo proletario si può contrapporre il documento approvato nel 2010 dal Foro di San Paolo, sede di raccordo della sinistra latinoamericana, socialista, comunista, marxista, alternativa, ecc, che utilizza la formula togliattiana della “unità nella diversità”.

Da Atene viene invece un messaggio che ripropone vecchi schemi a partire dall’idea che esista ancora un partito guida che ambisce a stabilire l’ortodossia ideologica ed emana “bolle” destinate a condannare pubblicamente le varie forme di eresia, tutte incluse nella categoria onnicomprensiva di “opportunismo”. Questo atteggiamento impronta l’azione del PC Greco che utilizza gli appuntamenti annuali dei Partiti Comunisti per individuare volta a volta i “nemici” ideologici interni al movimento e alla sinistra in generale.

Anche nelle parti del documento condivisibili in via di principio, le formule utilizzate restano estremamente generiche. Sulla crisi del capitalismo, di cui si richiama giustamente il carattere strutturale, si afferma che essa deriva “dall’acuirsi della contraddizione principale del capitalismo, tra il carattere sociale della produzione e quello privato dell’appropriazione capitalista”. Una formulazione di derivazione marxiana, talmente generale da non spiegare nessuna delle specificità di questa crisi, che interviene dopo circa 30 di ristrutturazione liberista del capitalismo (finanziarizzazione, globalizzazione, privatizzazioni, spostamento di ricchezza dal salario al capitale e alla rendita, ampliamento del mercato mondiale, ecc.)

Il richiamo ai pericoli di guerra, giustificato da una serie di vicende attuali come la guerra in Libia, la crisi mediorientale e soprattutto la tensione tra Iran e occidente, non è basato su alcuno sforzo di aggiornamento dell’analisi, che pure appare necessario alla luce di quanto avvenuto negli ultimi anni, sulle ragioni dei diversi interventi militari e sulle diverse spinte che in un senso o nell’altro sono presenti negli establishment dei paesi imperialisti.

Mentre è presente la rituale condanna dell’”opportunismo”, manca un qualsiasi riferimento all’impegno alla partecipazione ad una più ampia unità delle forze socialiste, progressiste, anticapitaliste a livello delle diverse aree continentali e nei singoli paesi. Va detto che in realtà molti partiti comunisti partecipano a fronti e schieramenti unitari attivi a vari livelli: politico, elettorale, di massa ed anche sovranazionali ed in vari casi ne sono i principali promotori.

L’uscita dalla crisi strutturale del capitalismo viene posta in termini di contrapposizione binaria tra via capitalista (sfruttamento e guerre) e via del socialismo e del comunismo. La credibilità di quest’ultima richiede però una critica radicale dell’esperienza storica del socialismo novecentesco (che invece viene completamente respinta) ed anche la capacità di vedere l’emergere di nuovi soggetti e di formulare una proposta strategica che delinei un effettivo percorso di mutamento politico, economico e sociale.

Dal Meeting sono emerse anche una serie di risoluzioni, le quali, a differenza del documento-comunicato complessivo, comportano la sottoscrizione esplicita da parte dei singoli partiti presenti. Alcuni temi hanno raccolto la più larga adesione tra i partiti comunisti: solidarietà agli operai petroliferi del Kazachistan (55 partiti), centenario della Pravda (62 partiti), contro la repressione in Turchia (61 partiti), contro la mancata registrazione di un partito russo (47 partiti), sostegno al PC Greco (69 partiti), contro il blocco USA nei confronti di Cuba (73 partiti), solidarietà al Venzuela (70 partiti), solidarietà con il popolo iraniano (72 partiti), solidarietà alla Siria contro il complotto imperialista (66 partiti), contro le azioni militari USA in Pakistan (69 partiti), a favore della lotta del popolo palestinese (71 partiti),  a favore della riunificazione di Cipro (69 partiti). Alcune risoluzioni hanno evidenziato differenze di valutazione. La mozione a favore dei governi di sinistra latino-americani ha raccolto l’adesione di 52 partiti, ma non quella del PC Greco. Una mozione a sostegno del partito al potere nella Corea del Nord ha raccolto 49 adesioni, mentre quella che invita a commemorare il centenario della nascita di Kim Il Sung ha raccolto l’adesione di soli 30 partiti, tra cui il PdCI, ma non di Rifondazione Comunista. Infine una risoluzione a favore del ritorno del Kossovo alla Serbia (disponibile solo in russo) ha raccolto l’adesione di 36 partiti. In questo caso non hanno aderito né PRC né PdCI.

Un ulteriore approfondimento dell’analisi richiederebbe una valutazione degli interventi alla quale è forse utile dedicare un esame specifico.

Franco Ferrari