lunedì 26 agosto 2013

La sinistra alternativa nelle elezioni europee del 2009 (Note sulla sinistra alternativa europea VI)

Le ultime elezioni europee si sono tenute nel 2009. La legislatura sta volgendo al termine e gli elettori di 27 paesi saranno chiamati a rinnovare il Parlamento Europeo nella primavera del 2014.

Può essere utile tornare sulle diverse posizioni che si sono espresse nel 2009, quando sono stati diffusi 4 documenti collettivi di forze della sinistra alternativa e dell'estrema sinistra. 

Questi manifesti o appelli erano i seguenti:

1) il manifesto elettorale del Partito della Sinistra Europea;
2) l'appello comune dei partiti del GUE/NGL
3) L'appello di 21 partiti comunisti
4) l'appello della "Sinistra anticapitalista europea".

Il documento più ampio e significativo è sicuramente il manifesto approvato dalla Sinistra Europea in vista delle elezioni. Si è trattato del primo documento elettorale collettivo che la maggior parte delle forze di sinistra sono riuscite a formulare unitariamente da quando si è votato per la prima volta per le elezioni dirette del Parlamento Europeo.

venerdì 23 agosto 2013

Che fare dell'euro? (Note sulla sinistra alternativa europea V)

Nella sinistra europea si è aperto un dibattito intenso sul tema della moneta unica. Vi sono forze significative, anche se per ora minoritarie, le quali suggeriscono la necessità di porre come obbiettivo prioritario per chi si oppone alle politiche neoliberiste e "austericide" dell'Unione Europea, l'abbandono della moneta unica. Vediamo una breve rassegna di come il dibattito è stato affrontato finora e a quali esiti ha portato.

Il 17 maggio scorso si è tenuta a Dublino una giornata di studio dei parlamentari del GUE/NGL della quale ha riferito Niels Jongerius del Partito Socialista Olandese sul sito Spectrezine. Il tema ufficiale dell'incontro era "le alternative economiche in tempo di crisi", ma di fatto è stata la questione dell'euro a diventare il principale argomento di discussione.

Michael Burke, economista consulente del Sinn Fein e collaboratore del "Socialist Economic Bulletin", ritiene ingiustificata l'attenzione rivolta dai partiti di sinistra alla questione dell'euro. Introducendo la discussione ha spiegato che, secondo lui, i partiti di sinistra devono prima decidere quale tipo di politica economica vogliono perseguire: una politica basata sull'austerità od una fondata sugli investimenti. Per Burke, la scelta è ovvia, la crisi è principalmente una crisi di investimenti e i soldi che dovrebbero essere utilizzati per gli investimenti restano nei forzieri delle banche. La sinistra deve proporre un'agenda economica basata sugli investimenti e rifiutare i discorsi sull'austerità, che spesso si traducono solo nel tagliare un po' meno della destra.

Secondo un'altra economista irlandese, Sheila Killian, più che nei forzieri delle banche i soldi si trovano nei paradisi fiscali. Per questo propone una politica comune europea sull'evasione fiscale e la fine del segreto bancario. Una linea che coincide con la campagna che sta conducendo il Partito Socialista Olandese per un cambiamento delle pratiche e della legislazione fiscale dell'Olanda che ha trasformato di fatto questo paese in un paradiso fiscale e per questo è uno dei maggiori punti di transito dei profitti delle multinazionali.

Secondo quanto riferisce Niels Jongerius, appena il dibattito si è concentrato sull'euro sono emerse le differenze di punti di vista. In diversi paesi, i partiti di sinistra hanno commissionato degli studi agli economisti per approfondire la questione. Stavros Evangorou, ha riferito di una ricerca da poco pubblicata su richiesta dell'AKEL, il partito comunista cipriota, la quale arriva alla conclusione che la politica del partito, se portata avanti, determinerebbe necessariamente l'uscita  dall'eurozona. "Ciò che serve ora, ha spiegato Evangorou, non è il salvataggio del settore finanziario cipriota, quanto piuttosto salvare il paese dal memorandum che minaccia il futuro di Cipro". Gli accordi previsti dal memorandum concluso dal governo di destra che ha vinto le ultime elezioni cipriote con l'UE e il Fondo Monetario Internazionale, determinano tagli di spesa, l'indebolimento dei diritti del lavoro e privatizzazioni.

L'AKEL prende seriamente in considerazione il fatto che Cipro possa essere costretta ad uscire dall'Eurozona qualora il partito possa tornare al potere, uno scenario che non è escluso come possibilità anche da Syriza ed ora dal Bloco de Esquerda portoghese.

Non solo nei paesi del sud si considera l'ipotesi della fine o dell'uscita dall'euro. La fondazione Rosa Luxemburg, vicina alla  Linke tedesca, ha richiesto un dettagliato studio a due economisti sul futuro dell'euro. La conclusione di questo studio è che la moneta comune europea è insostenibile, un punto di vista non condiviso nel meeting e che ha portato ad un acceso dibattito tra i parlamentari europei presenti.

E' positivo, commenta Jongerius, che la sinistra non prenda le mosse da sentimenti nazionalistici quando discute dell'euro o di altri aspetti dell'Unione Europea, come avviene per l'estrema destra, perché fare questo porterebbe ad escludere determinate minoranze e legittimare la violenza contro questi gruppi.

Una spaccatura dell'Eurozona avrebbe rilevanti conseguenze economiche per i popoli interessati e per l'Unione Europea nel suo insieme. Che la sinistra sia capace di discutere avvalendosi di studi economici seri offre la possibilità di produrre specifiche e significative analisi in vista delle elezioni europee del maggio del prossimo anno. Il Partito Socialista Olandese da parte sua renderà chiara la propria posizione sull'Europa nel congresso nazionale che approverà il manifesto per le elezioni europee previsto per il 22 febbraio 2014. Certamente questa posizione dovrà prevedere una rottura con le politiche di austerità che il sud Europa vive come una guerra economica nei suoi confronti.

In Germania il dibattito è stato acceso soprattutto da Oskar Lafontaine, uno dei leader della Linke, con un intervento del 30 aprile scorso nel quale propone l'abbandono dell'euro ed il ritorno al Sistema Monetario Europeo.
Per Lafontaine, ex ministro socialdemocratico poi entrato in rotta con le politiche centriste sostenute dal suo partito, "i tedeschi non hanno ancora preso coscienza che gli europei del sud, compresa la Francia, saranno, a causa della pauperizzazione economica, costretti a rispondere, presto o tardi, all'egemonia tedesca. Essi sono soprattutto sottoposti alla pressione del dumping salariale praticato dalla Germania in violazione dei trattati europei dall'inizio dell'unione monetaria. La Merkel si risveglierà dal suo sonno del giusto quando i paesi che soffrono del dumping salariale tedesco si metteranno d'accordo per imporre un cambiamento della politica di gestione della crisi a spese delle esportazioni tedesche."
Questo dumping salariale richiederebbe una svalutazione consistente della moneta per paesi come Spagna o Portogallo, ed una rivalutazione salariale dell'ordine del 20% per la Germania.
"Se degli spostamenti reali verso l'alto o verso il basso non sono possibili in questo modo, diventa necessario abbandonare la moneta unica e ritornare ad un sistema che renda possibile le svalutazioni e le rivalutazioni, come era il caso con il predecessore della moneta unica, il Sistema Monetario Europeo. (...) Una condizione preliminare al funzionamento di un Sistema Monetario Europeo sarà la riforma del settore finanziario e la sua stretta regolamentazione, ispirandosi al sistema delle casse di risparmio pubbliche (tedesche, ndr). Gli speculatori devono sparire."
A questa proposta ha risposto anche Bernd Riexinger, uno dei due co-presidenti della Linke. Dopo aver ricordato le proposte nel programma elettorale del partito per risolvere il problema della crisi, risponde a Lafontaine che non ci sono scorciatoie per imporre una soluzione di sinistra della crisi. Le proposte della Linke possono essere articolate con le lotte reali contro l'egemonia liberale.
"La questione controversa di sapere se si deve scegliere piuttosto il teatro nazionale o europeo per questo è mal posta. Evidentemente occorre agire in modo determinato sul piano nazionale per le rivendicazioni sociali e i diritti democratici. Ma non vi può essere dubbio sul fatto che il capitale e le grandi imprese sono da tempo scappate verso l'Europa e l'internazionale, dove esse si costruiscono i loro collegamenti, e che utilizzano questa potenza economica per imporre i loro interessi anche politicamente. E' esattamente questo che costituisce la base materiale dell'egemonia liberale in Europa. (...) E' la ragione per la quale non vi è altro cammino che quello della cooperazione, del coordinamento e della comprensione reciproca tra i sindacati, i partiti di sinistra e i movimenti sociali."
Il dibattito si è sviluppato con diversi approfondimenti tecnici da parte di economisti e ricercatori. Da un lato un dettagliato e complesso studio. già richiamato sopra, è stato commissionato dalla fondazione Rosa Luxemburg a due economisti, Costa Lapavitsas e Heiner Flassbeck, sulle cause della crisi dell'euro e le effettive terapie per uscire da questa crisi.
Secondo i due economisti "al cuore del fallimento dell'Unione Monetaria Europea si trova il modello economico mercantilista della Germania e l'incapacità degli altri paesi europei di mettere in discussione il modello apertamente e di convincere la Germania che non è nemmeno nel suo interesse optare per la competizione piuttosto che per la cooperazione tra nazioni."
"Per la prima volta nella storia della crisi europea, i cittadini sono stati così scioccati che non è più un tabù parlare di un'uscita dall'unione monetaria." I due autori pure essendo fautori di un'ordinata uscita dall'euro affermano che i "paesi che considerassero l'uscita dall'UME (Unione Monetaria Europea) in un situazione simile a quella di Cipro devono pensarci due volta prima di uscire anche dell'UE. La continua partecipazione all'UE può risultare importante per mantenere legami con il mercato comune europeo."

Nel dibattito è intervenuto anche Mario Candeias, uno dei principali ricercatori della Fondazione Rosa Luxemburg. Candeias ha esaminato dettagliamente i pro ed i contro, dal punto di vista economico, di un'eventuale uscita dall'Euro. In presenza della determinazione di chi detiene il potere e della fazioni del capitale che li sostengono di difendere a tutti i costi l'Euro, la sua conclusione è che "sostenere un'uscita ordinata basata sulla solidarietà o il ritorno al Sistema Monetario Europeo non è meno illusorio che mettere in primo piano le richieste per un Europa sociale...solo più rischioso." Ma dietro alla questione dell'uscita dall'euro si nasconde un'altra questione: qual è la posizione della sinistra intorno al progetto europeo.
"La questione dell'uscita dall'Unione Monetaria Europea - scrive Candeias - o l'utopica armonizzazione di un modello sociale europeo è in fondo, la questione sbagliata. Un'uscita dall'UME - ammesso che vi sia una possibilità per la ricostruzione economica con la moneta nazionale svalutata del paese che ne esce - determinerebbe indubbiamente conseguenze politiche ed economiche, l'estensione delle quali può essere difficilmente sovrastimata. Potrebbe portare ad una reazione a catena in altri stati e forse nel collasso non solo dell'Unione Monetaria Europea, ma dell'Unione Europea nel suo complesso, con conseguenze egualmente disastrose per il popolo tedesco che per gli altri. Strategicamente, con l'uscita, la Grecia rinuncerebbe all'argomento più potente da porre sul tavolo dei negoziati: la minaccia del fallimento. (...) Non ci sarebbe nulla di contrario, dove possibile, a promuovere "buone misure unilaterali" (per esempio controlli sui capitali o riforme fiscali) e di non attendere "fino a che una 'buona' Europa venga creata', come proposto (dall'economista francese vicino all'NPA) Michel Husson. "Vale la pena di correre il rischio politico accompagnato ad una rottura delle direttive europee"...ciò non significa un'uscita. Altri paesi potrebbero seguire. Allora ci sarebbe la possibilità di espandere riforme all'interno dell'Europa che sono iniziate in uno o più paesi ad altri."
Secondo linee simili il dibattito si è aperto anche in Francia soprattutto per effetto di un recente articolo in favore dell'abbandono dell'euro pubblicato sulla prima pagina del Monde Diplomatique, influente negli ambienti altermondialisti. Anche in Francia si sono però espressi in direzione contraria numerosi economisti, sia vicini al Front de Gauche che all'NPA, di origine trotskista, pur delienando a loro volonta strategie alternative non del tutto convergenti.

In Spagna un appello per uscire dall'euro è stato sottoscritto dall'ex leader di Izquierda Unida, Julio Anguita, sulla base della valutazione della "non riformabilità" dell'Europa attuale: 
"È necessaria una moneta propria per competere e una politica monetaria sovrana per somministrare liquidità al sistema e stimolare una domanda ragionevole. E questo come prima condizione ineludibile, però non sufficiente, per poter sviluppare una politica avanzata di controllo pubblico dei settori strategici dell’economia, di nazionalizzazione delle banche, di ricostruzione del tessuto industriale e agricolo, di difesa e potenziamento dei servizi pubblici fondamentali con un potente e progressivo sistema fiscale, di ammortizzamento delle disuguaglianze e distribuzione della ricchezza, di ripartizione del lavoro per combattere la disoccupazione, di deroga delle controriforme del lavoro e delle pensioni, di rispetto vero verso l’ambiente, ecc…, e di affrontare un processo costituente che permetta di recuperare e approfondire la democrazia. Per tutto ciò bisogna lasciare da parte transitoriamente il deficit pubblico, dimenticarsi di fare proposte impossibili alla BCE e smetterla di avere nostalgia della Riserva Federale o della Banca d’Inghilterra quando si può disporre della Banca di Spagna come istituzione equivalente."
Questa posizione resta minoritaria n Izquierda Unida che ha tenuto il 22 giugno 2013 una Conferenza sull'Europa. In merito, il documento base approvato, pur valutando le ragioni che militano a favore dell'abbandono della moneta e volendo mantenere aperto il dibattito afferma:
"Non possiamo negare che un importante problema risiede nel fatto che abbandonando l'euro, e anche nel caso il paese in questione rinneghi completamente il debito accumulato, si aprirebbe il problema di finanziare i deficit commerciali e pubblici. E le condizioni per farlo si sarebbero enormemente deteriorate, con la chiusura dei mercati finanziari che solo potrebbe essere compensato con le emissioni monetarie della banca centrale. Come conseguenza di dover sostituire le importazioni, che aumenterebbero di prezzo, emergerebbe un processo inflattivo di notevole grandezza. Per altro verso l'elevata dipendenza energetica - i cui prezzi mondiali sono in aumento - e l'assenza di politiche industriali in Spagna - che hanno ridotto la capacità di esportazione del paese - determinerebbe che gli effetti netti della svalutazione sarebbero minori del previsto."
Inoltre Izquierda Unida ritiene prematuro assumere una decisione sull'euro senza un confronto ed una convergenza a livello europeo, per questo chiede che il prossimo congresso della Sinistra Europea si pronunci su questo tema.

Franco Ferrari

martedì 20 agosto 2013

Note sulla sinistra alternativa europea (IV): I Meeting comunisti europei

I due Meeting Comunisti Europei, che si sono tenuti a Bruxelles nell'aprile 2011 e nell'ottobre del 2012, sono il prodotto di un'iniziativa del Partito Comunista Greco (KKE). Questo partito si è posto da tempo l'obbiettivo di ricostruire il "movimento comunista internazionale" sulla base di un marxismo-leninismo considerato ortodosso e legato sulla riabilitazione di Stalin e alla condanna delle politiche perseguite da molti partiti comunisti dopo il XX Congresso del PCUS (vie nazionali al socialismo, via democratica al socialismo, eurocomunismo, ecc.).

Il KKE è contrario, almeno in Europa, ad ogni forma di collaborazione tra partiti comunisti con altri partiti della sinistra alternativa non comunisti. Come ha dichiarato Giorgos Marinos, concludendo il secondo Meeting, "deve essere chiaro che le forze politiche che difendono il capitalismo e l'Unione Europea (si riferisce a "Syriza, il Blocco di Sinistra in Portogallo, Die Linke in Germania ed altre formazioni simili", ndr) non possono diventare consistenti forze di resistenza e difesa degli interessi popolari, alleati dei comunisti, per quante etichette di sinistra possano utilizzare."

Il KKE considera "opportunista" il NELF e ritiene che il GUE/NGL debba restare uno strumento di collegamento strettamente tecnico e non politico tra forze politiche completamente indipendenti e solo nell'ambito del Parlamento europeo.

Si è schierato contro la formazione del Partito della Sinistra Europea dal momento in cui questo progetto ha iniziato a diventare concreto e mantiene una campagna virulenta che finora però non è riuscita ad ottenere successi significativi se non l'uscita del Partito Operaio Ungherese, però molto ridotto dopo un'importante scissione.

Per il KKE, nelle elezioni europee del 2009, vi erano "da un lato la strategia di assimilazione agli obbiettivi del grande capitale nell'ambito della struttura dell'Unione Europea, che richiede come precondizione basilare l'abbandono della teoria mondiale del Marxismo-Leninismo, la mutazione e la socialdemocratizzazione dei Partiti Comunisti. Lo strumento per la costruzione di questo polo dell'opportunismo contemporaneo in Europa è il Partito della Sinistra Europea.

Dall'altro lato ci sono le forze dello scontro con l'imperialismo, con l'UE, e con le strategie del capitalismo. Queste forze non sono altro che i partiti comunisti e operai che considerano non negoziabile la lotta per il socialismo e non si sottomettono alla linea del capitale. (...) Essi difendono da un punto di vista di principio il socialismo come lo abbiamo conosciuto."

Il Partito della Sinistra Europea, secondo il Partito Comunista Greco, opera per assimilare le forze popolari al sistema capitalistico, all'imperialismo, all'UE e alle strategie del capitalismo. La polemica riguarda anche diversi partiti comunisti, compresi alcuni di quelli che non sono membri della Sinistra Europea, i quali, ha scritto Kostas Papadakis del comitato centrale del KKE, "hanno insozzato le loro mani con il sangue del popolo yugoslavo, partecipando a governi collaborazionisti con i socialdemocratici e facilitato con ogni mezzo il bombardamento del popolo yugoslavo" (un giudizio che colpisce anche il PdCI).

La polemica a volte distorce le posizioni reali della Sinistra Europea. Come quando lo stesso Papadakis scrive che "Il Trattato di Lisbona insieme al Trattato di Maastricht, non sono affatto condannati nella loro interezza (dalla Sinistra Europea, ndr). Anzi è vero il contrario, essi sono trattati singolarmente e solo certe clausole sono criticate per disorientare i critici, ma nella sostanza l'intero contenuto reazionario e l'importanza strategica che essi hanno per le esigenze del grande capitale sono oscurate".

Per il KKE è indispensabile scontrarsi con l'opportunismo che si sta sviluppando nelle file di alcuni partiti comunisti. Non basta difendere il nome e i simboli comunisti per prevenire la "mutazione". Alcuni partiti si fanno ingannare da concetti ormai privi di significato e legati a linee di divisione del passato come quello di "sinistra".

Per quanto riguarda la prospettiva strategica del KKE è sintetizzabile in questo brano dell'intervento dell'allora segretaria Aleka Papariga al secondo meeting comunista europeo. 

"Noi presentiamo apertamente al popolo la necessità di lottare per la cancellazione unilaterale del debito, ovvero il suo non riconoscimento, perché il suo riconoscimento porta a negoziati che significano nuovi memoranda e nuove misure. Allo stesso tempo, noi evidenziamo la necessità per il popolo di lottare per il disimpegno dall'Unione Europea. Noi spieghiamo le ragioni per le quali disimpegno e cancellazione del debito comportano la lotta per il potere popolare, con la socializzazione dei monopoli, lo sviluppo pianificato che utilizzerà l'esistente potenziale di crescita del paese, il ritiro dalle guerre imperialiste e dagli accordi per le paci imperialiste, il ritiro dalla NATO, la lotta per relazioni economiche internazionali mutuamente benefiche".
Il KKE aggiunge che l'assunzione di posizioni di governo nell'ambito del sistema borghese porta inevitabilmente all'assimilazione dei partiti comunisti.

Le posizioni dei comunisti greci sono sempre meno condivise tra i maggiori partiti comunisti, anche quelli che si basano sul "marxismo-leninismo", come dimostra la riunione che si è tenuta a Mosca nel mese di dicembre del 2012 sulle prospettive del "movimento comunista". Il rappresentante del PC Greco ha sottolineato le differenze di analisi e di strategia con gli altri partiti presenti, confermando la necessità di quel "polo comunista" all'interno del movimento, che riunisce i partiti (per lo più minuscoli) che aderiscono almeno sul piano ideologico alle tesi del KKE.

Nell'intervento di Jo Cottenier, del Partito del Lavoro Belga (PTB, di origine maoista), al secondo meeting si rileva come fra i partiti presenti emergano tre diverse posizioni:


"Tuttavia è gioco forza constatare che vi sono tre strategie differenti - al di fuori di quella del Partito della Sinistra Europea - che coesistono tra noi sull'atteggiamento in rapporto all'Unione Europea e soprattutto sulla parola d'ordine della sovranità nazionale. Vi sono dei partiti che difendono il ritorno o il rafforzamento della sovranità nazionale come rivendicazione intermedia, per creare migliori condizioni per la rivoluzione socialista; vi sono dei partiti che respingono la sovranità nazionale come parola d'ordine nell'ambito del capitalismo ma che preconizzano la rivoluzione a livello nazionale, come mezzo per uscire dall'Unione Europea e di costruzione di un'altra Europa." Il PTB si presenta come sostenitore di una terza posizione, "sicuramente minoritaria".


Il PTB non riconosce sostanziale differenza tra il carattere capitalistico dello Stato nazionale e il carattere capitalistico dell'Unione Europea, pertanto propone di lanciare delle campagne politiche unitarie a livello europeo con obbiettivi comuni. Non si tratta di accettare l'Unione Europea, ma partire dal punto di vista che essa esiste e che non scomparirà realmente che con la rivoluzione socialista. Anche se ci saranno delle divisioni non si tornerà alla situazione precedente al Trattato di Roma. "Perché dunque non abituarsi a pensare e ad agire a livello del continente come fanno i padroni, la borghesia...fino al Partito della Sinistra Europea."

Il Meeting non ha approvato un documento politico ma solo delle brevi dichiarazioni. La principale si intitola "Per il rafforzamento della classe operaia in Europa". In essa si chiama i lavoratori "a resistere con decisione alla strategia anti-popolare dell'Unione Europea che come unione imperialista interstatale esprime gli interessi dei monopoli e delle multinazionali a spese dei popoli". Si può notare come non venga definita come parola d'ordine comune l'uscita (o il disimpegno, dalla UE, per dissensi su questa parola d'ordine o perché il Meeting comprende anche partiti che non fanno parte dell'Unione.

I partecipanti al secondo meeting del 2012 sono stati i seguenti:

Partito Comunista Operaio di Bielorussia
Partito del Lavoro del Belgio
Nuovo PC Britannico
PC di Bulgaria
AKEL Cipro
PC di Boemia e Moravia
PC in Danimarca
PC di Danimarca
PC Operaio Finlandese per la pace e il socialismo
Polo per la Rinascita dei Comunisti in Francia
Unione dei comunisti rivoluzionari di Francia URCF
PC Unificato di Georgia
PC Tedesco (DKP)
PC Greco
PC Operaio Ungherese (ora Partito Operaio Ungherese)
Partito dei Lavoratori d'Irlanda
PC Irlandese
Comunisti-Sinistra Popolare, Italia
Partito dei Comunisti Italiani
Partito Socialista di Lettonia
PC del Lussemburgo
Nuovo PC dei Paesi Bassi
PC di Norvegia
PC dell'Unione Sovietica
PC della Federazione Russa
Nuovo PC di Yugoslavia
PC dei Popoli di Spagna
PC di Svezia
Partito del Lavoro Svizzero
PC di Turchia
PC d'Ucraina
Unione dei comunisti di Ucraina.

Fra i maggiori PC assenti: il PC Francese, il PC Spagnolo, il PC Portoghese (presente al primo meeting), il PRC, il PC di Bielorussia (presente al primo meeting), il PC della Repubblica di Moldavia.

Franco Ferrari

domenica 18 agosto 2013

Note sulla sinistra alternativa europea (III): Il Partito della Sinistra Europea

Il Partito della Sinistra Europea è stato fondato nel maggio 2004 a Roma. E’ utile sintetizzare il percorso che ha portato alla creazione di questo partito sovranazionale, seguendo per questo la ricostruzione che ne ha fatto Helmut Ettinger della Linke tedesca. Tra le forme preesistenti al Partito vi erano il NEL e il GUE/NGL dei quali ho già trattato. La forma flessibile del NELF era per diversi partiti ed è tutt’ora il tipo di collegamento preferito mentre, per altri, da quell’esperienza è nata l’esigenza di creare un partito comune di livello europeo.

Tra il 1996 e il 1998 il leader dei maggiori partiti di sinistra europei si sono incontrati per tre volte a Madrid e a Berlino per definire una posizione comune sulla politica europea al massimo livello. Quel tipo di incontro tuttavia, definito da qualcuno un po’ ottimisticamente il “processo di Madrid”, non è proseguito negli anni successivi. Al meeting di Berlino del 5 giugno 1998, l’allora presidente della PDS Lothar Bisky sollecitò la ricerca di nuove forme comuni di collaborazione politica che andassero oltre il NELF e il GUE/NGl.

lunedì 12 agosto 2013

Note sulla sinistra alternativa europea (II): Il Gruppo unitario al Parlamento Europeo (GUE/NGL)



La sinistra alternativa, nonostante le differenze che la attraversano, è riuscita a convivere dal 1994 dentro un unico Gruppo nel Parlamento europeo. La fondazione del Gruppo non è stata per niente facile, ma sicuramente hanno spinto a tale esito, oltre la volontà politica di molti partecipanti, i meccanismi propri con i quali è organizzato il Parlamento dell'Unione Europea, che tendono ad emarginare, in termini di influenza, supporto organizzativo e materiale nonché finanziamento, i parlamentari che non facciano parte di alcun gruppo. 
La presenza organizzata dei comunisti nel Parlamento europeo, che all'inizio non disponeva praticamente di alcun potere reale ed era poco importante anche come sede di dibattito politico, risale a prima dell'elezione diretta da parte dei cittadini, iniziata nel 1979. Le presenze predominanti del gruppo comunista erano quelle del PC italiano e francese, che avevano tra loro orientamenti diversi sull'integrazione europea, favorevole il primo, scettico il secondo.  
Nel 1979, nel primo parlamento ad elezione diretta, si forma il gruppo dei comunisti ed apparentati, nel quale oltre a PCF e PCI che, dopo il declino del movimento eurocomunista, iniziano un percorso che li porterà progressivamente ad allontanarsi sempre più, è presente il Partito Socialista Popolare danese. Successivamente entrano anche i comunisti del sud Europa (greci, portoghesi e spagnoli) che portano però orientamenti molto diversi sull'Europa e sulla politica internazionale. Nel 1989 il gruppo comunista si divide. Il PCI, impegnato nel processo di mutamento in direzione socialdemocratica e social-liberale costituisce un nuovo "Gruppo della Sinistra Unitaria (GUE)", dove il termine "unitaria", anziché "unita" implica la volontà di guardare al gruppo del Partito Socialista Europeo ed in misura minore ai Verdi. Le altre orze comuniste "ortodosse" (francesi, greci, e portoghesi) danno vita ad un proprio gruppo, la Coalizione delle Sinistre, al quale aderisce anche un parlamentare del Partito Operaio Irlandese (che ha le proprie radici nell'ala marxista del'IRA e del suo braccio politico, il Sinn Fein). 
Durante il corso della legislatura il PCI abbandona il GUE ed entra nella socialdemocrazia, mentre altre forze come Izquierda Unida sembrano orientate ad entrare nei Verdi. Le elezioni del 1994 segnano un notevole successo di Izquierda Unida e una buona affermazione di Rifondazione Comunista e del Partito del Socialismo Democratico. Non senza difficoltà si determinano le condizioni per costruire un gruppo unitario che prende nome di "Gruppo Confederale della Sinistra Unitaria Europea". La sottolineatura della "confederalità" serve a garantire i vari componenti che gli orientamenti del gruppo non hanno valore costrittivo per le singole delegazioni, che potranno decidere liberamente il loro comportamento. 
Come si può vedere, al di là di una certa genericità, la dichiarazione ha una impronta nettamente europeista, anche se fortemente critica verso l'impianto seguito nella costruzione dell'Europa dalle classi dominanti. 
Il Gruppo viene allargato e modificato nella sua denominazione con l'ingresso nel 1995 dei paesi scandinavi. Fra i nuovo parlamentari vi sono i rappresentanti del Partito di Sinistra svedese e dell'Alleanza di Sinistra finlandese. D'ora in avanti si chiamerà Gruppo confederale della Sinistra unitaria europea/ Sinistra verde nordica (GUE/NGL). Nel tempo subirà della modifiche dovute all'ingresso o alla scomparsa di altre forze politiche (come con la temporanea presenza dei trotskisti francesi o con la scomparsa della sinistra comunista italiana).

Il documento costitutivo afferma che "Il gruppo confederale della Sinistra Unitaria Europea è il raggruppamento di differenti componenti politiche del gruppo, ciascuna delle quali conserva la sua identità propria e si impegna a rispettare le posizioni degli uni e degli altri. Il gruppo è disposto ad accogliere altre forze politiche ed altri deputati a titolo individuale purché essi sottoscrivano alle linee del programma comune sviluppato di seguito. Al di là dei differenti approcci delle sue componenti, il Gruppo confederale della Sinistra unitaria europea è profondamente attaccato alla costruzione europea, benché di un tipo differente da quella attualmente in corso: una costruzione basata  su istituzioni pienamente democratiche e impegnata prioritariamente a dar vita ad un nuovo modello di sviluppo sostenibile in grado di risolvere i problemi più gravi ai quali siamo confrontati attualmente - tasso di disoccupazione enorme e crescente -, a preservare l'ecosistema, a creare uno spazio sociale comune che offra diritti uguali al più alto livello a tutti i cittadini. (...) In altri termini un'Europa differente che faccia tabula rasa del deficit democratico tale quale è confermato dal trattato di Maastricht e delle politiche monetariste e neoliberali che l'accompagnano. (...) Il contenuto attuale dei trattati dovrà essere modificato al fine di mettere sui giusti  binari un'Europa capace di costruire relazioni nuove ed eque con le altre regioni del mondo, soprattutto europee. (...) L'Europa deve impegnarsi a rafforzare la CSCE (Conferenza per la sicurezza e la cooperazione europea) e a dotarla di strumenti propri a risolvere i problemi della sicurezza comune, dissolvendo tutte le strutture, quali la NATO e l'UEO che sono dei relitti della politica dei blocchi ereditati dalla guerra fredda."
Il Gruppo è riuscito ad avere un'influenza, pur in presenza di differenze di impostazione e vere e proprio divisioni tra i vari partiti che ne fanno parte?
Il PC Francese ha stilato un bilancio, in occasione delle elezioni parlamentari europee del 2009, sottolineando che i parlamentari del GUE/NGL sono stati spesso "i soli ad opporsi a tutte le politiche liberiste che pongono i diritti del capitale al di sopra dei diritti del mondo del lavoro. Tre esempi di battaglie a livello europeo associate a lotte condotte nazionalmente nei paesi europei vengono ad illuminare questo ruolo utile:  
1) Nel 2006, i deputati del GUE sono riusciti a far respingere la direttiva portuale appoggiandosi ai movimenti che hanno unito i lavoratori dei porti. Si sono anche battuti contro la circolare Bolkenstein e, con la pressione popolare, hanno potuto ottenere degli emendamenti. La direttiva sui "servizi", votata dal Partito Socialista europeo e dai Verdi europei è una incitazione alla concorrenza tra i popoli per fare pressione sui salari e le prestazioni sociali. 
2) I deputati del GUE hanno partecipato al blocco della direttiva "tempi di lavoro", in collegamento con le forti mobilitazioni sindacali. Questa direttiva, sostenuta dal commissario del Partito Socialista Europeo, responsabile degli affari sociali della Commissione europea, e da Sarkozy e Berlusconi nel Consiglio europeo,  si proponeva di alzare sino a 65 ore l'orario di lavoro settimanale. 
3) Il ruolo dei nostri deputati del GUE sono stati essenziali nel 2004 quando hanno reso pubblico il progetto di trattato costituzionale, mentre tutti gli altri deputati europei - di destra, socialisti, verdi - avevano accettato la confisca del processo. 
Attualmente il GUE/NGL è composto dai seguenti partiti, di cui riporto il rispettivo numero dei parlamentari e la percentuale di voti ottenuta nelle ultime elezioni europee del 2009:

AKEL (Cipro) 2/34,90
PC di Boemia e Moravia 4/14,18
Laburisti Croati- Partito del Lavoro 1/5,77
Movimento popolare contro l'UE 1/7,20
Fronte di Sinistra (Francia) 5/6,48
Linke (Germania) 8/7,60
PC Greco 2/8,35
Syriza 1/4,70
Partito Socialista Irlandese 1/2,70
Partito Socialista Lettone 1/
Partito Socialista (Paesi Bassi) 1/7,10
Blocco di Sinistra (Portogallo) 2/10,72
CDU-PC Portoghese 2/10,64
Izquierda Unida (Spagna) 1/3,71
Partito di Sinistra (Svezia) 1/7,14
Sinn Fein 1/11,20(Irlanda) 25,80 (Irlanda del Nord)
Indipendenti 1 (ex Partito Socialista olandese)
Non è possibile conteggiare i voti del Partito Socialista Lettone in quanto partner minore di una coalizione di centro-sinistra, il Centro dell'Armonia, che ha ottenuto il 19,65. 
Sono complessivamente 35 parlamentari sui 766 che ne conta complessivamente il Parlamento Europeo. I gruppi principali attualmente sono i Popolari (centro-destra) 264, Socialdemocratici 195, Liberali 85, Verdi 58, Conservatori 56, Europa Libertà e Democrazia (destra euroscettica e xenofoba) 33.  
Al GUE sono associati anche partiti attualmente non rappresentati al Parlamento europeo o di Paesi che non fanno parte dell'UE ma che hanno relazioni con essa e sono influenzati dalle sue scelte politiche. Questi sono: il PRC ed PdCI italiani, l'Alleanza di Sinistra finlandese, la Sinistra lussemburghese, il Partito Socialista di Sinistra norvegese, il Partito Svizzero del Lavoro.
I partiti componenti o associati al GUE/NGL hanno ottenuto complessivamente alle elezioni europee (dove la partecipazione al voto è in genere molto più bassa che alle elezioni politiche nazionali) 7.830.000 voti. Di questi il grosso è stato ottenuto dalla Linke 1.968.000 voti, il Front de Gauche 1.115.021, la lista PRC-PdCI 1.037.000, Izquierda Unida 588.000, il PC Greco 428.000, il Blocco di Sinistra portoghese 382.000, il PC Portoghese 379.000, il PC Boemo-Moravo 334.000, il Partito Socialista Olandese 323.000. 
Per quanto riguarda il rapporto tra GUE/NGL e Partito della Sinistra Europea, dei 35 parlamentari si possono considerare 17 appartenenti a partiti membri dell'SE, 6 di partiti componenti dell'SE come osservatori, 12 non appartenenti all'SE di cui 5 membri di partiti comunisti "ortodossi". In genere la Sinistra Europea riesce ad ottenere più firme di sostegno da parlamentari, di quanto non siano i membri di partiti aderenti. Nella precedente legislatura europea ne aveva ottenute 26 o 27 a seconda degli anni.
Se si considerano i voti, il rapporto è un po' diverso. I Partiti aderenti alla Sinistra Europea raccolgono circa 5.200.000 voti, quelli che hanno lo status di osservatore ne raccolgono circa 840.000 (ho diviso il voto della lista PRC-PdCI, con 60 al primo e 40 al secondo). Complessivamente oltre 6 milioni di voti su poco meno di 8 milioni. La presidente del gruppo è attualmente Gabi Zimmer della Linke che è subentrata a Lothar Bisky, dimessosi per ragioni di salute. L'elezioni di Bisky era stata contrastata dal KKE in quanto egli era contemporaneamente anche Presidente della Sinistra Europea (poi sostituito da Pierre Laurent del PCF).

Franco Ferrari

mercoledì 7 agosto 2013

Note sulla sinistra alternativa europea (I): il New European Left Forum

In vista di un prossimo seminario di Rifondazione Comunista per il quale sono stato invitato a tenere un comunicazione sull'organizzazione dei principali partiti della sinistra europea, inizio a pubblicare alcune note di accompagnamento che toccano anche altri temi.

In particolare conto di pubblicare delle brevi sintesi sulle strutture organizzative transnazionali, sul seguito elettorale, sulla posizione in merito all'Unione Europea e all'euro ed infine una valutazione comparativa degli statuti su alcune questioni rilevanti di organizzazione della democrazia interna, formazione dei gruppi dirigenti e pluralismo.

I testi (al momento privi dell'apparato di note, ma solo con rimandi agli autori dei quali si riprendono le considerazioni) non seguiranno rigorosamente l'ordine finale col quale verranno raccolti e organizzati.

Il Forum della Nuova Sinistra Europea (NELF)


Il Forum (conosciuto come NELF, per la sigla del nome in inglese, New European Left Forum) è stato fondato a Madrid nel novembre del 1991. Ha subìto nel corso degli anni diverse trasformazioni e attualmente il suo ruolo sembra essere diventato molto marginale. Non sono riuscito a rintracciare informazioni su sue riunioni negli ultimi anni, il che indica o che non si sono tenute o che comunque hanno avuto pochissimo rilievo pubblico.

All'inizio il Forum raccoglieva soprattutto partiti post-comunisti o verdi di sinistra e si proponeva come punto di incontro di organizzazioni che si collocavano tra la socialdemocrazia e i partiti comunisti tradizionali. L'impatto della crisi e poi del crollo inglorioso del "socialismo realmente esistente" pesav ancora fortemente su molte forze della sinistra che rimettevano in discussione la loro tradizionale identità e ne cercavano una nuova.

Fra i partecipanti alla creazione del Forum, che vede in Izquierda Unida la principale forza-guida, si trova anche il PDS che si colloca nella fase di passaggio tra l'abbandono dell'identità comunista e l'adesione alla socialdemocrazia. La divisione delle forze comunista si era già rilevata al Parlamento europeo con la formazione di due gruppi parlamentari separati. Un gruppo largamente dominato dal PCI, in quel momento guidato da Occhetto e già in fase di trasformazione, raccoglieva Izquierda Unida, Synaspismos e i Socialisti popolari danesi. L'altro gruppo vedeva la presenza dei PC più tradizionali, francesi, portoghesi, greci e del Workers' Party irlandese (che proviene da una fazione marxista dell'IRA). Il PDS italiano abbandona rapidamente l'impresa del Forum ed anche del Gruppo europeo per approdare ai lidi socialdemocratici (Gruppo europeo, PES, Internazionale Socialista).  Con il Forum l'obbiettivo del PDS era soprattutto in funzione di portare con se in questa trasformazione parte delle forze di provenienza comunista.
Ecco quanto scrivevo in "Le sinistre e l'Internazionale": "I principali promotori dell'iniziativa sono il Pds (italiano) e la componente ex comunista di Izquierda unida tra cui, in particolare l'organizzazione catalana di Rafael Ribò, Iniciativa per Catalunya. Per il Pds è abbastanza evidente che si tratta di un'operazione strumentale rispetto all'avvicinamento e all'ingresso nell'Internazionale Socialista, cercando di staccare il più possibili settori di partiti comunisti per portarli all'avvicinamento con la socialdemocrazia". 
All'inizio l'impronta del Forum è decisamente "terzaforzista". Si tratta di coagulare quelle forze critiche del capitalismo che non si identificano con la socialdemocrazia perché troppo moderata ma nemmeno non il comunismo considerato ormai giunta al capolinea con il crollo dell'URSS.

Questa posizione fa sì che all'inizio diverse forze politiche di sinistra non vi aderiscano. Tra queste Rifondazione Comunista che al suo secondo Congresso rifiuta esplicitamente questa strategia e cerca di mantenere aperti i rapporti anche con i Partiti Comunisti "continuisti". 


In proposito scriveva Fausto Sorini (1995), allora dirigente del PRC: "Il progetto politico del Forum è la costruzione in Europa di un "terzo polo" rosso-verde a fianco dell'Internazionale Socialista, escludendo la maggior parte dei partiti comunisti europei e la PDS tedesca (e questa discriminazione ideologica è la ragione per la quale Rifondazione Comunista, pur essendo stata più volte sollecitata a farne parte, ha deciso di non aderirvi). E' interessante notare che nel documento "Una nuova Europa per un nuovo Mondo" approvato dal Forum nella sua penultima sessione di Barcellona, i membri del Forum si definiscono come "socialisti" e ogni riferimento alla presenza comunista in Europa è semplicemente eliminata. un progetto recente di IU definisce il Forum come "un progetto equidistante tanto dal'internazionale Socialista che dal comunismo del PC portoghese e del PC francese".

Nel 1994, in una riunione del Forum che si tiene a Barcellona viene approvato un manifesto intitolato "Una nuova Europa per un nuovo mondo". Il preambolo del manifesto suggerisce che le tradizioni della sinistra e la mobilitazione ecologista siano le componenti di un'unica volontà. I temi ambientalisti sono oggetto di numerose sottolineature e vengono denunciati come pericoli il crescere del nazionalismo, della xenofobia e del razzismo. Il primo obbiettivo della sinistra di trasformazione, verde e alternativa è sempre la protezione e l'estensione della democrazia mentre il pluralismo e la diversità all'interno del movimento progressista vengono valutati come elementi positivi.

Per quanto riguarda l'Europa, si propone che essa sia policentrica, costruita a partire da differente reti transregionali. Nella conferenza vengono espressi pareri diversi sulle prospettive del'Unione Europea e alcuni partiti restano contrari all'adesione come quelli i scandinavi. Nonostante queste differenze vi è un generale accordo su principi fondamentali, secondo secondo quanto scrive Stephen Hopkins, che partecipa al meeting per conto della Democratic Left irlandese.

Inoltre la dichiarazione propone di rafforzare il ruolo della Conferenza sulla Sicurezza e la Cooperazione in Europa, che possa agire come organizzazione regionale di sicurezza sotto l'egida dell'ONU, mentre si chiede il superamento della NATO.

Sul piano economico vengono presentati alcuni obbiettivi tra i quali la riduzione dell'orario di lavoro, mentre la piena occupazione resta un traguarda fondamentale. Vengono criticati i principali organismi internazionali che gestiscono le politiche economiche quali il Fondo Monetario Internazionale, la banca Mondiale, l'allora G7 (Hopkins, 1994).

Sul piano organizzativo, il Forum si basa sul principio dell'adesione formale anche se è consentito partecipare come osservatori. Fino a qualche anno si tenevano due meeting all'anno in città diverse d'Europa. La preparazione dei meeting era normalmente affidata da 3 partiti, tra cui, naturalmente quello che lo ospitava.

Rispetto all'iniziale impostazione "terzaforzista", il Forum si è poi parzialmente modificato con l'ingresso di alcuni partiti comunisti, tra cui il francese, Rifondazione Comunista e il PdCI. Il PC Portoghese, tradizionalista ma meno settario di quello greco, vi ha aderito come osservatore. Nel corso del tempo la composizione del Forum è cambiata anche in relazione ai mutamenti avvenuti tra le forze politiche che si collocano a sinistra del socialdemocrazia.
Anche la PDS tedesca inizialmente esclusa viene poi accolta, come ricorda Helmut Ettinger della Linke: "La PDS è componente del NELF dal 1995. L'adesione non vene resa facile perché si trattava del partito erede di una forza dominante in uno stato del socialismo reale. Le precondizioni per la sua accettazione nel gruppo furono a) una completa e onesta rivalutazione della propria storia, b) un chiaro impegno per la democrazia  come principio della vita interna di partito e del cambiamento sociale e c) una percepibile influenza sulla società. "
Le ultime informazioni disponibili indicano i seguenti partiti membri del Forum:

Partito Socialista Popolare (Danimarca)
Die Linke (Germania)
Partito Socialdemocratico del Lavoro Estone
Alleanza di Sinistra (Finlandia)
PC Francese
Movimento dei Cittadini (Francia)
Synaspismos (Grecia)
Partito della Rifondazione Comunista (Italia)
Partito dei Comunisti Italiani
Partito Socialista di Sinistra (Norvegia)
Partito di Sinistra (Svezia)
Partito Svizzero del Lavoro
Izquierda unida (Spagna)
Iniziativa per Catalogna

Come osservatori, i seguenti partiti:

Partito Comunista Austriaco
Partito Comunista Portoghese
AKEL (Cipro)
GUE/NGL (gruppo unitario al Parlamento europeo)

Fonte: Schirdewan 2009 (il bollettino del dipartimento internazionale del PdCI, indicava nel 2008 come partiti membri anche l'Alleanza Rosso-Verde danese, la Sinistra lussemburghese, il Blocco di Sinistra portoghese, il Partito della Libertà e della Solidarietà turco e come osservatori la Sinistra Verde olandese ed il Partito Socialista olandese).

Il NELF è stato oggetto di un particolare impegno da parte de PdCI che ne ha ospitato le riunioni in Italia, l'ultima nel 2008. In un primo momento era stato valorizzato in contrapposizione al neonato Partito della Sinistra Europea, nel quale vi era un forte protagonismo del PRC ed in particolare dell'allora leader Bertinotti. In una fase successiva il NELF viene valutato come un spazio politico che offre un'opportunità di confronto e di costruzione di un percorso che la sinistra deve compiere, al fine di evitare la dispersione del proprio potenziale. Il suo ruolo, che viene equiparato in prospettiva a quello del Forum di San Paolo in America Latina, non viene posto in concorrenza con il Partito della Sinistra Europea. Viene considerato prioritario lo sviluppo del NELF, anche per consentire un avvicinamento tra PRC e PdCI, dei quali si sostiene la sostanziale convergenza sui temi dell'Unione Europea.
La qualità positiva del Forum era così definita da Cinzia Palazzolo, nel 2008 responsabile Europa  del PdCI: Il forum, così come è accaduto per il Foro di San Paolo, in America latina, apre la via a nuove forme di dialogo e di confronto, poiché la natura di uno strumento transnazionale, introdotto per evitare la formazione di una nuova Internazionale, pone il rispetto reciproco e la collaborazione come elementi di base su cui costruire le relazioni interpartitiche. L'originalità di questo strumento sta proprio nel sapere mettere accanto forze che resterebbero, altrimenti, separate tutt'oggi da "muri" invalicabili per incomunicabilità tra i luoghi politici diversi, che se non esistesse più il NELF, resterebbero accentuerebbero certe differenze a scapito degli elementi comuni."
Il Forum è stato una delle sedi nelle quali è maturato il progetto del Partito della Sinistra Europea, anche se non tutti i partiti aderenti hanno condiviso dall'inizio il percorso. Ha consentito però di avvicinare forze politiche diverse che hanno potuto costruire così una base comune. L'obbiettivo dichiarato era di mantenere pienamente il ruolo del Forum come sede autonoma di confronto tra un arco di forze politiche diverso e più ampio di quanto non avesse partecipato alla creazione del Partito della Sinistra Europea. 
Scrive ancora Helmut Ettinger, della Linke: "La forma flessibile, rilassata, di collegamento fu allora - dopo la loro esperienza nel movimento operaio e comunista internazionale degli anni precedenti lo sconvolgimento - ed è ancora oggi per alcuni il tipo di cooperazione delle forze di sinistra appropriato ai nostri tempi. Dall'altro lato, l'esperienza del NELF stesso ha fatto crescere in molti partiti nel corso del tempo il desiderio per una maggiore cooperazione. L'idea di dare il via al progetto del partito europeo comune è nata in quegli ambiti."
Con il crescere delle adesioni al Partito della Sinistra Europea, il Forum sembra però entrato in crisi di identità, trovandosi ad essere per molti un doppione dell'SE, per di più meno efficace.

Franco Ferrari