sabato 19 ottobre 2013

Congresso di Rifondazione Comunista (III): appunti critici sul documento di maggioranza

L'obbiettivo di queste note è di fornire qualche elemento di riflessione del tutto personale sui documenti presentati al dibattito congressuale del PRC. Non ho pretese di neutralità, dato che mi sono schierato a favore del primo documento, ma, per quanto possibile, di obbiettività nel cogliere quanto effettivamente i documenti propongono. Questo approccio mi sembra utile per un dibattito che entri in misura maggiore nel merito delle varie posizioni, al fine di arrivare al termine del percorso congressuale con una proposta politica migliore di quella iniziale perché frutto di un confronto più ampio e partecipato. Purtroppo la modalità congressuale, il suo carattere prevalente di contrapposizione elettoralistica, non aiuta questo processo di elaborazione collettiva ma favorisce la cristallizzazione delle posizioni.

L'utilità di un processo di elaborazione collettiva è dimostrato dal confronto tra la versione iniziale e quella finale del documento di maggioranza. Consentire, anche se per pochi giorni e rendendo volutamente difficile la ricerca dei documenti sul sito di Rifondazione Comunista, la possibilità di proporre modifiche e integrazioni ha significativamente migliorato il testo iniziale. Questa dovrebbe essere la modalità prevalente del confronto, lasciando aperta la possibilità su temi sui quali non sia possibile una sintesi di arrivare ad un voto.

domenica 13 ottobre 2013

Congresso di Rifondazione Comunista (II): i "terzini" rilanciano l'unità dei comunisti

Il terzo documento sottoposto al voto del congresso del PRC non aveva adesioni sufficienti all'interno del Comitato politico nazionale per essere presentato formalmente alla discussione. Ha dovuto pertanto raccogliere un numero di firme di iscritti superiore ai 500. Alla fine ha ricevuto 850 adesioni e quindi diventa ufficialmente un documento congressuale con il numero 3.

I principali esponenti della tendenza che ha dato vita a questo documento (Targetti e Rancati) erano già firmatari dell'analogo terzo documento presentato al congresso di Chianciano. La filiazione è rintracciabile anche nel titolo e nell'impostazione di fondo, pur con diversi aggiornamenti. A Chianciano veniva proposto di "Rifondare un partito comunista per rilanciare la sinistra, l'opposizione e il conflitto sociale". Questa volta il titolo è: "Per la Rifondazione di un Partito Comunista".

La sostituzione della formula "rifondazione comunista" con quella di "rifondazione di un partito comunista" non è evidentemente casuale anche se risulterà bizantina a chi non sia interno ai linguaggio delle varie correnti e tendenze di ispirazione comunista. Detto in modo schematico: chi sostiene la "rifondazione comunista" punta l'accento sul rinnovamento profondo reso necessario dal crollo del "socialismo" reale", mentre la seconda formula risulta decisamente più continuista, in quanto assume implicitamente che esista un modello di partito comunista tutt'ora valido e che si tratti di rifondarlo. Nel primo caso la rifondazione comunista definisce una qualità del partito, la seconda rimanda solo ad un processo politico e organizzativo che finirà nel momento in cui il partito sarà "rifondato" o come si dice in alternativa nel testo del documento "ricostruito".

Cercando di focalizzare l'attenzione sulla parte propositiva piuttosto che sugli elementi di analisi del documento, per ragioni di brevità occorre richiamare un capoverso chiave del testo. Per realizzare l'obbiettivo indicato  è necessario "rilanciare una forte iniziativa, un vero e proprio movimento per rifondare/ricostruire un partito comunista, degno di questo nome, quale indispensabile strumento politico-organizzativo, nel vivo dello scontro di classe, insieme ai movimenti anti-austerity e in alternativa a tutti i poli della governabilità nel nostro paese". La formula "partito comunista, degno di questo nome" è abbastanza vaga da consentire di essere interpretata in modi diversi ma sufficientemente allusiva da rimandare ad una concezione più "ortodossa" (in senso ideologico, non storico) di partito comunista. Né, a dire il vero, il documento nel suo complesso, pur elencando proposte più o meno condivisibili, chiarisce realmente quale partito abbiano in testa i promotori del documento.

Sicuramente per creare questo nuovo/vecchio "partito comunista" il PRC, anche se applicasse la richiesta svolta politica ed il relativo cambio dei dirigenti, non può essere considerato autosufficiente. Il documento propone "un percorso credibile di ricomposizione dei comunisti ovunque collocati". Questo percorso è così raffigurato: "senza scioglimenti improvvisati e scorciatoie politiciste, ma avendo il coraggio di dialogare con tutte le componenti del movimento comunista che vanno nella stessa direzione, verificando nel comune lavoro e confronto politico un percorso che ha bisogno per questo di organizzazione, radicamento sociale e di concreta iniziativa nella realtà". Per l'unità dei comunisti vengono segnalati due nodi: "la rottura della subalternità al centrosinistra e delle compatibilità col capitale finanziario europeo".

Non c'è nel documento alcuna analisi delle ragioni politiche che hanno portato in questi anni alla frammentazione delle forze che fino a metà degli anni '90 si trovavano all'interno del PRC. La componente che sostiene il terzo documento e che già a Chianciano, come ricordato, aveva sostenuto la "rifondazione di un partito comunista" e quella dell'unità dei comunisti, negli anni successivi è esplosa in molteplici direzioni. I principali firmatari del terzo documento di Chianciano sono oggi in almeno 4 partiti differenti (PRC, PdCI, gruppi di Rizzo e di Verruggio) e quelli rimasti all'interno del PRC si collocano in almeno tre aree diverse. Questa diaspora, superiore di quella di ogni altra componente, rivela sia problemi di metodo che di strategia e dovrebbe sollecitare una riflessione autocritica che è invece completamente assente nel documento di Targetti e Rancati.

E' evidente che i sostenitori del terzo documento a Chianciano volevano sì rifondare un "partito comunista", ma ognuno aveva in mente un partito diverso.  E' uno dei rischi che si corrono quando si utilizzano formule astratte, enfatiche sul piano della retorica, ma poco precise nel merito dei contenuti. Alcune indicazioni contenute nel documento, pur interessanti, restano allo stato di dichiarazioni generiche. Quando si pone l'obbiettivo del radicamento del partito si aggiunge: "eventualmente elaborando opportune ed inedite forme organizzative", senza ulteriori elaborazioni su queste forme "inedite". E questo vle anche per altri passaggi.

Per quanto riguarda l'organizzazione interna del "nuovo" partito si afferma che "la tutela del pluralismo interno e della dialettica ad ogni livello, che rappresenta un basilare diritto democratico alle logiche del maggioritario, non ha niente da spartire con la degenerazione correntizia". Sicuramente il tema è importante ma il documento non riesce, a mio parere, a formulare una proposta concreta che risolva il dilemma, anzi la volontà di presentare comunque un terzo documento va in direzione opposta all'obbiettivo che si pone. Si ha l'impressione che quando si denuncia il  "correntismo degenerato" si pensi sempre a quello degli altri.

Il terzo documento propone inoltre di costruire "uno schieramento anticapitalista ampio e plurale, un polo di opposizione politica e sociale che, sulla base di una piattaforma e di pratiche sociali comuni, impegni i diversi soggetti, senza precostituite velleità da 'partito unico' in un processo di reale indipendenza ed alternatività al bipartitismo". Non serve , si aggiunge, "inventare un ennesimo soggetto politico finalizzato a superare lo sbarramento elettorale, né serve unire delle debolezze senza chiarezza politica". Questo "schieramento" o "polo" viene contrapposto alla costruzione di una generica "sinistra alternativa". Lo "schieramento anticapitalista" qui proposto non sembra meno generico della "sinistra alternativa" di cui parla la maggioranza di Rifondazione, ma sicuramente più ristretto nell'arco degli interlocutori individuati.

Sulla questione delle alleanze politiche del PRC si rivendica la necessità di essere "alternativi al centrosinistra" anche se non bisogna "rinunciare ad agire sulle contraddizioni sempre più forti che si aprono tra le politiche del centrosinistra e dello stesso PD sul suo elettorato". Da questo discende la necessità di "rompere le alleanze politico-istituzionali col PD e col centrosinistra anche a livello locale laddove siano incompatibili con la possibilità di praticare un programma alternativo". In questo caso il "laddove" lascia aperto uno spazio per non rendere automatica ed inevitabile la rottura a livello locale.

Per quanto riguarda l'Europa, tema che ha una particolare rilevanza nel dibattito politico in questa fase, si chiede la "messa in discussione dell'Euro", in nome del ritorno alla sovranità popolare che non può esistere senza sovranità monetaria ed economica e l'abolizione dei trattati dell'Unione Europea. Il documento cerca di radicalizzare la posizione del documento di maggioranza, ma senza arrivare a formulare seccamente la rottura con l'euro e l'Unione Europea. Al Partito di Sinistra Europea vengono rivolte alcune critiche marginali ed è implicita la preferenza per un rapporto con i partiti comunisti più tradizionali, che interviene però in un momento nel quale si è determinata tra questi partiti, solo poche settimane una pubblica spaccatura che vede da un lato il PC greco e dall'altro il PC portoghese .

Franco Ferrari

lunedì 7 ottobre 2013

Congresso di Rifondazione Comunista(1): il "nuovo inizio" di Falcemartello

La mozione di Falcemartello in vista del prossimo Congresso di Rifondazione Comunista che si terrà a Perugia a dicembre si concentra sulla necessità del "partito di classe". Apparentemente questo obbiettivo si colloca in continuità con quanto proposto nel precedente Congresso di Napoli, ma vedremo che in realtà viene introdotta una sostanziale modifica di prospettiva, così come già a Napoli veniva modificata la proposta avanzata nel Congresso di Chianciano nel 2011.

Per ragione di sintesi occorrerà concentrarsi sui punti fondamentali. Nel documento per il congresso di Chianciano del 2008 si affermava: "Rifondazione Comunista, rimane la forza principale della sinistra, abbiamo il dovere di investire tutte le nostre forze nel rilancio di questo partito (...)." Veniva respinta la proposta di "unità comunista" ma ciò non significava "rifiutarsi di porsi il problema dell'unità d'azione con le altre forze di sinistra, comprese quelle che in questi anni si sono scisse da sinistra da Rifondazione". L'unità andava cercata soprattutto in termini di "unità d'azione comune su piattaforme chiare e definite". L'altro elemento centrale della proposta di "nuova rifondazione comunista" era la cosiddetta "svolta operaia" che si basava tra l'altro sulla promozione di "lavoratori" negli organismi dirigenti.

Per il Congresso di Napoli viene abbandonata la proposta di "nuova Rifondazione", considerata la perdita di "consistenza, credibilità e radicamento" del PRC  e si lancia la prospettiva del "partito di classe". Questa proposta si collega ad una valutazione abbastanza ottimista della situazione. Infatti si sottolinea che, secondo Falcemartello, "esistono forze molto superiori a quelle ad oggi organizzate nel PRC che possono essere mobilitate attorno alla costruzione del partito di classe" e vengono precisamente dettagliate. "Al di fuori del nostro partito, queste forze esistono oggi: nella FIOM; nella sinistra CGIL; in un settore dei sindacati di base; in un settore delle scissioni di sinistra del PRC; nel movimento in difesa della scuola pubblica e dei beni comuni". Altro elemento fondamentale della proposta politica di Falcemartello al Congresso di Napoli era che il PRC si facesse promotore "di un polo della sinistra di classe" da avanzare alle forze che condividessero una "discriminante fondamentale", ovvero di "mantenere una opposizione strategica al PD".

Ora vediamo come la mozione per il prossimo Congresso del PRC tratta la questione del "partito di classe". La crisi profonda della sinistra rende "possibile e necessario un nuovo inizio, una battaglia aperta per la costruzione del partito di classe". Questo partito non si può creare con le "autoproclamazioni" o con "aggregazioni improvvisate". Dal punto di vista obbiettivo richiede "la ripresa del conflitto di classe su vasta scala", dal lato soggettivo è necessaria "una forza anche ridotta nei numeri, ma politicamente coesa e fondata su un chiaro impianto teorico e programmatico di classe". 

Questa forza coesa dai numeri ridotti, non è Rifondazione Comunista, per la quale si dice che "il partito è stato nei fatti liquidato". L'obbiettivo è sempre il "partito di classe", ma lo strumento per realizzarlo non è più il PRC ("liquidato"), ma sono scomparse dalla scena anche quelle "forze molto superiori" che venivano evocate solo due anni fa e svanita anche la proposta del "polo di classe". Si chiarisce che oggi "l'unica via d'uscita possibile è di dar vita a un movimento politico (NdR, sottolineatura mia) che metta al centro la questione di un programma operaio di risposta alla crisi". Si aggiunge poi che oggi "l'unico compito veramente urgente" è di "condurre un lavoro sistematico e paziente fra i settori più attivi e militanti". 

La conclusione del tutto evidente di questo ragionamento è che "il movimento politico", "numericamente ridotto", "politicamente coeso", fondato su un "chiaro programma politico" che conduce "un lavoro sistematico e paziente fra i settori più attivi e militanti", esiste già ed è Falcemartello stesso. Verrebbe da chiedersi allora che cosa cambia nella strategia di questo gruppo, a parte la scomparsa dalla scena di tutti gli altri soggetti potenziali, che fino a due anni erano visti come possibili comprimari nella costruzione del "partito di classe"?

La differenza fondamentale consiste proprio nel dichiararsi per la prima volta "movimento politico" e non più tendenza di un partito. Si tratta infatti di una parziale rottura con quella strategia "entrista" che costituisce uno dei tratti identitari della corrente alla quale appartiene Falcemartello e denominatasi un po' pomposamente "Tendenza Marxista Internazionale (TMI)". L'entrismo  si basa su uno schema piuttosto semplicistico. Al momento dello scoppio della crisi politica sociale che metterà in movimento grandi masse di lavoratori e operai contro l'assetto capitalistico, queste masse non si rivolgeranno ai piccoli gruppi marxisti ai margini del movimento operaio (quelle che la TMI appella con supponenza "le sette" anche quando dispongono di un seguito molto maggiore delle sue sezioni nazionali), ma entreranno nei grandi partiti operai per riappropriarsene e spostarli a sinistra. Lo schema era dedotto dalla realtà britannica, sulla base del ruolo tradizionalmente egemone del Laburismo, ma è stato esteso a tutto il resto del mondo. Quando le masse, messe in movimento dalla crisi, entreranno nei partiti operai vi troveranno un solido gruppo di sperimentati militanti marxisti che nel frattempo saranno già da tempo entrati in quel partito.

L'aspettativa un po' fatalistica della crisi esplosiva è presente anche nel documento di Falcemartello, quando si parla di un "processo più vasto che prima o poi inevitabilmente si darà". In attesa di questo avvenire che avverrà  "inevitabilmente" occorre "mantenere e rafforzare una avanguardia militante e aggregata attorno ad una chiara prospettiva anticapitalista".

Ma come giustificare all'interno di un'organizzazione che ha nell'entrismo una sorta di "vacca sacra" il passaggio al "movimento politico" che conduce una "battaglia aperta"? Il documento di Falcemartello provvede una lunga e, al di fuori di questo contesto tutto interno, abbastanza incomprensibile digressione storica con la quale si vuole dimostrare che in fondo quello che si propone non è inedito nella storia del movimento operaio. "In Germania, Austria e Russia il movimento operaio ebbe inizio come movimento politico. I sindacati in un primo momento erano sconosciuti. Furono costruiti da un partito politico di impostazione marxista". La ricostruzione storica è molto zoppicante, ma la funzione di questa frase serve appunto a legittimare la proposta di "movimento politico" che è l'asse del documento. E' possibile che questa scelta abbia sollevato dibattito all'interno della TMI, ma su questo non potremmo che fare supposizioni.

La ricostruzione che ho fatto dei vari passaggi mi sembra sostanzialmente coerente con l'impostazione del documento anche se non mancano formule in parziale difformità con quelle citate. Quando si dice che la "battaglia per la difesa del PRC non è in contrasto con la proposta del partito di classe", si attenua ma, mi pare, a fini sostanzialmente propagandistici, il giudizio sul PRC che pervade tutto il documento. D'altronde una riga prima di aver parlato della "battaglia per la difesa del PRC, si afferma che "perde di senso la polemica tra liquidatori e antiliquidatori".

Ad un successivo post vorrei affidare un'analisi degli aspetti più generali del documento: ruolo e metodo del programma di transizione e degli obbiettivi intermedi, Europa, definizione del partito di classe.

Franco Ferrari

domenica 6 ottobre 2013

Il seminario del PRC sull'organizzazione e la sinistra europea

L'ultimo dei seminari del PRC in preparazione del dibattito congressuale che si concluderà ai primi di dicembre a Perugia ha coinvolto diversi partiti della sinistra europea. Nell'ambito di un dibattito che ha intrecciato temi politici e temi organizzativi sono intervenuti Gilles Garnier del Partito Comunista Francese e del Front de Gauche, Heinz Biernbaum della Linke tedesca e Vassilis Primakiris di Syriza. Grande interesse per i loro interventi che hanno fornito utili spunti di conoscenza e di confronto di realtà politiche spesso affrontate in Italia "per sentito dire" e con lo sguardo più alle polemichette interne alla sinistra che ad una vera conoscenza delle situazioni.
Fra i temi affrontati dagli ospiti stranieri voglio segnalare le informazioni fornite da Garnier sul dibattito piuttosto vivace in corso nel Front de Gauche francese sulle prossime elezioni amministrative. Da un lato la posizione dell'ex candidato alle Presidenziali Jean-Luc Melenchon che sostiene la necessità di una presentazione autonoma del Fronte data la politica ultramoderata dei socialisti attualmente al potere con Hollande. Il PCF invece è per un atteggiamento più flessibile che deve tener conto del fatto che in molte realtà locali le sinistre, pur nella loro diversità, governano insieme da molto tempo e che esiste dal basso una forte spinta unitaria che non può essere ignorata. Il Partito Comunista possiede ancora un forte radicamento istituzionale e territoriale, con quasi 1.000 sindaci, una dimensione importante, anche se va considerato che in Francia i Comuni hanno spesso dimensioni piccolissime.
Birnbaum della Linke ha anticipato le previsioni delle elezioni politiche tenutesi domenica e la valutazione sulla situazione del partito della sinistra alternativa tedesca, dato tra l'8 e il 9% come confermato dal voto. Prevista la ripresa dell'SPD, superiore alle aspettative il calo dei Verdi. Per quanto riguarda la vita interna della Linke il compagno tedesco ha sottolineato la grande influenza che ha il femminismo nell'organizzazione del partito. Lo statuto non solo garantisce la metà delle posizioni dirigenti alle donne, ma consente loro di intervenire con grande peso nei congressi e in tutte le sedi decisionali. Birnbaum ha ricordato che la Linke è nata dalla fusione di due realtà politiche, una molto presente e con caratteri di massa all'est e l'altra più militante e radicale ma spesso anche frammentata e litigiosa all'ovest. Il dato elettorale previsto per la Linke e poi confermato è considerato molto positivo perché indica il superamento di una fase politica molto difficile che è sembrata perfino poter portare alla spaccatura del partito che invece si conferma ora come una importante realtà della vita politica tedesca e della sinistra europea.
Vassilis Primakiris ha presentato con molta passione l'evoluzione positiva della realtà di Syriza che i sondaggi danno oggi come primo partito greco. Toccando il tema del giudizio sull'euro (uscire o non uscire dalla moneta unica), l'esponente di Syriza ha tenuto a sottolineare che se la sinistra greca non pone l'obbiettivo dell'uscita dall'euro, mantiene questo obbiettivo come potenziale minaccia qualora non si mettano in discussione le politiche criminali contenuti nei diversi Memoranda imposti al popolo greco. Primakiris ha anche sottolineato che Syriza punta ad un governo con tutte le forze di sinistra greche, compreso il KKE, nonostante la politica settaria e dogmatica che persegue questo partito.
Tra gli intervenuti merita un cenno anche il Prof. Michele Prospero, docente universitario di area PD, il quale ha avanzato una convinta difesa del ruolo dei partiti e di partiti che abbiano carattere di massa e che si colleghino al conflitto sociale. Una visione condivisibile ma che oggettivamente appare in contraddizione con la concezione liberale e la pratica interclassista che caratterizzano il Partito Democratico.
Per quanto riguarda la relazione del sottoscritto che analizzava alcuni aspetti della struttura organizzativa dei principali partiti della sinistra alternativa europea rimando al testo che è stato reso disponibile sul sito nazionale di Rifondazione Comunista.
Le conclusioni Paolo Ferrero hanno toccato diversi temi tra i quali alcuni di attualità politica come l'importanza della partecipazione alla manifestazione del 12 ottobre in difesa della Costituzione e del lavoro e la necessità di rendere centrale la parola d'ordine della disobbedienza ai trattati europei quando questi vincolano a politiche antipopolari e di austerità, piuttosto che quello dell'uscita dell'euro che rischia di avviare una spirale di ripiegamento nazionalista e "autarchico".

Franco Ferrari

Potere degli iscritti e organizzazione del pluralismo interno nei partiti della sinistra alternativa europea

Seminario Rifondazione Comunista - Sinistra Europea Roma 20 settembre 2013 – 

Nell’affrontare il tema indicato è necessario innanzitutto tener conto di due premesse.
1) la prima è che parliamo di un campo, quello della “sinistra alternativa europea”, ancora attraversato da forti differenziazioni politiche, ideologiche ed organizzative. Si è anche discusso e si discute se si possa considerare questo insieme di partiti come una vera e propria “famiglia politica” al pari della socialdemocrazia, dei verdi o dei popolari europei. Una parte delle forze politiche che vengono inserite in questo spazio ne contestano l’esistenza stessa. Vi è chi, come i comunisti greci, ritiene che si debbano tenere rigidamente separati i partiti comunisti dai partiti cosiddetti di “nuova sinistra”, considerati come opportunisti e complici del capitalismo. Vi è chi, ad esempio le correnti trotskiste, distingue in questo campo tra forze considerate “rivoluzionarie” ed altre considerate “riformiste”.
In genere, ed anche per i fini del mio contributo, si considerano parte della “sinistra alternativa europea” quei partiti che partecipano o hanno partecipato ad una delle sue strutture di colleganosovranazionale: il Gruppo parlamentare europeo (GUE/NGL), il Partito della Sinistra Europea, ilForum della Nuova Sinistra, i Meeting dei partiti comunisti e della Sinistra Anticapitalista (Hildebrandt, Seiler, De Waele e Vieira).