L'impatto della crisi sull'elettorato sta modificando radicalmente il panorama politico greco. L'egemonia del PASOK sul centro-sinistra viene radicalmente messa in discussione a causa della partecipazione di questo partito alla politica di sacrifici imposti ai greci, e tra le forze della sinistra anticapitalista viene messo in pericolo il tradizionale primato del Partito Comunista Greco (KKE), di orientamento stalinista.
Nelle elezioni del 6 maggio scorso SYRIZA è diventato il secondo partito del Paese e il primo della sinistra, davanti anche al PASOK, triplicando i propri voti. L'esito elettorale ha determinato un improvviso interesse per questa formazione politica anche fuori della Grecia come è naturale, anche se a volte la si è rappresentata, soprattutto in Italia con le specchio deformante delle polemica politica interna.
Il SYRIZA trova le sue radici nelle complesse vicende del comunismo greco ed in particolare delle due maggiori scissioni che lo hanno attraversato, quella del 1968 e quella del 1991, ma viene poi alimentato da altri fenomeni tra le quali la nascita del movimento altermondialista e la rotture di frazioni del PASOK con le politiche liberiste di quel partito.
Per tracciare brevemente questo percorso è necessario ricordare che il comunismo greco ha assunto dimensioni di massa durante la seconda guerra mondiale, quando è stato l'indiscusso protagonista della resistenza contro l'occupazione nazista, aggregando attorno se una parte importante dei settori popolari a partire dal durissimo inverno del 1941-42, quando Atene e la Grecia vennero colpiti dalla fame. Gli errori del gruppo dirigente comunista, gli effetti precoci della guerra fredda che prevedevano per il Paese una collocazione all'interno del blocco occidentale, accettata anche da Stalin e dall'URSS, portarono alla sconfitta della Resistenza e al predominio di un blocco conservatore e reazionario. Il tentativo del PC Greco di uscire dalla difficile situazione in cui si era trovato, attraverso il passaggio alla lotta armata, si concluse con una durissima sconfitta per i comunisti, alla quale seguì l'esilio per decine di migliaia di greci costretti a rifugiarsi nei Paesi dell'est Europa e in URSS. Era la "via greca" che in quegli anni Togliatti indicava come l'esempio negativo di una strategia foriera di una tragica sconfitta per i comunisti e la sinistra. Il PC Greco fu costretto all'illegalità fino al 1974 quando la caduta del regime dei colonnelli riaprì la strada alla democrazia parlamentare.
Mentre il gruppo dirigente del PC Greco si trovava in larga parte in esilio (il quartier generale era a Bucarest, in Romania, ma migliaia di ex partigiani comunisti vivevano a Tashkent, in Uzbekistan), all'interno del Paese si formava nel 1951 la Sinistra Democratica Unitaria (EDA) che diventava il principale partito di sinistra e all'interno del quale operavano anche i comunisti. Questa polarizzazione tra gruppo dirigente estero e militanti all'interno portò nel 1967, in coincidenza con il colpo di stato neofascista dei colonnelli, ad una rottura nel Partito Comunista. La maggioranza rimase ideologicamente ortodossa e filosovietica. Il KKE è stato uno dei pochi partiti comunisti europei ad approvare l'invasione della Cecoslovacchia da parte del Patto di Varsavia. La divisione sovrappose questioni di strategia politica e di adeguamento ai mutamenti della società greca, ad altri aspetti di ordine ideologico. La minoranza diede vita al Partito Comunista Greco (dell'interno), che si orientava su una linea di rinnovamento politico e culturale vicina a quello che, qualche anno dopo, verrà definito come "eurocomunismo" (rifiuto dello stalinismo, rivalutazione del rapporto tra socialismo e democrazia, riconoscimento del pluralismo politico e sociale contro qualsivoglia monolitismo).
Col ritorno della democrazia parlamentare, il Partito Comunista Greco, filosovietico, conquista il predominio nello spazio elettorale e politico comunista, anche per gli errori politici commessi dai comunisti "dell'interno" che auspicano una sorta di improbabile "compromesso storico" alla greca. Il KKE si radica in settori operai e popolari, mentre il PC dell'interno resta una formazione di ceto medio, intellettuali, funzionari pubblici con uno scheletrico consenso elettorale.
Nel 1987 il PC Greco dell'interno, sull'onda della perestrojka sovietica decide di rinunciare alla propria identità comunista, dando vita a "Sinistra Greca", una formazione di tipo ecosocialista, orientata più ai conflitti cosiddetti post-materialisti che a quelli tradizionali della lotta di classe. Una minoranza del partito rifiuta questa scelta e mantiene in vita una organizzazione comunista rinnovatrice dalla quale deriva l'attuale AKOA che fa parte del SYRIZA.
La perestrojka determina un graduale "scongelamento" politico ed ideologico anche del KKE, nel quale si fanno strada posizioni timidamente innovatrici che trovano spazio grazie alla difficoltà delle tendenze più tradizionaliste a fronteggiare l'evoluzione in corso nei Paesi dell'est Europa. Negli anni che vanno dalla caduta del muro di Berlino al crollo dell'Unione Sovietica, il comunismo e la sinistra anticapitalista greca si trovano al centro di una doppia evoluzione. Da un lato quella di un progressivo ripensamento delle tradizionali basi ideologiche e di un riavvicinamento tra le due correnti comuniste. Dall'altro la convinzione che il PASOK, a causa degli scandali che lo corrodono, sia entrato in una crisi irreversibile. Al fine di favorire questa crisi i comunisti, insieme, decidono di partecipare ad una coalizione di governo con la destra, una scelta che si rivela totalmente sbagliata.
A cavallo dei decenni '80 e '90 si forma il primo Synaspismos, la Coalizione delle forze di sinistra e progressiste, al quale partecipano il KKE, al cui interno si rafforzano le tendenze rinnovatrici, e la Sinistra Greca, ex eurocomunista. Quando emerge l'ipotesi di trasformare il Synaspismos da coalizione in partito unificato, con un'accelerazione forse inopportuna, nel KKE si apre una profonda crisi che porta nel 1991 alla rivincita della corrente neostalinista guidata da Aleka Papariga. I rinnovatori se ne vanno o ne vengono espulsi e partecipano alla costruzione del nuovo partito della sinistra, il secondo Synaspismos, insieme alle altre componenti di derivazione comunista o socialista. In una prima fase, nel Synaspismos prevale una linea moderata e di alleanze con i socialisti del PASOK, che porta però alla perdita di consensi ed all'esclusione dal Parlamento.
La sconfitta porta ad una prima crisi e alla sostituzione della presidente Maria Damanaki (proveniente dal KKE poi passata ai socialisti, attuale Commissario europeo) con Nikos Kostantopoulos, uno dei fondatori del PASOK poi allontanatosene e dotato di una discreta popolarità. Il Synaspismos fatica però a trovare una propria identità tra il PASOK che vive ancora una stagione di radicalismo politico, almeno sul piano verbale e che si presenta come una forza a sinistra delle socialdemocrazie europee, e il KKE che recupera dopo la crisi i tradizionali bastioni di consenso elettorale richiudendosi nel ghetto identitario.
Una svolta fondamentale nel Synaspismos avviene nel 2000 quando all'interno prevalgono le correnti di sinistra. Il partito acquisisce un profilo più radicale anche se continua a vivere momenti difficili dal punto di vista elettorale a causa di un elettorato fluttuante che a volte lo abbandona all'ultimo momento nell'urna, portandolo pericolosamente vicino alla soglia del 3%, al di sotto della quale si viene puniti con l'esclusione dal Parlamento. Il Synaspismos, con il prevalere della sinistra interna e con i nuovi leaders, prima Alekos Alavanos, e poi il giovane e carismatico Aleksis Tsipras (entrambi provenienti dal KKE), che lo guida attualmente, opera due scelte strategiche importanti. La prima è di scommettere sui movimenti sociali, in particolare l'altermondialismo, che ha avuto in Grecia un importante appuntamento di massa nel Forum Sociale Europeo del 2006, nel quale il Synaspimos si è fortemente impegnato, mentre il KKE lo ha boicottato. Questa apertura ai movimenti ha avuto momenti difficili nel 2008, quando vi è stata una vera e propria sollevazione giovanile non priva di cadute in una violenza nichilista e politicamente sciocca, rispetto alla quale il Synaspismos ha cercato di mantenere aperto un dialogo, trovandosi sotto attacco da parte di tutto lo spettro politico greco.
L'altra scelta, connessa all'apertura ai movimenti e alla ricerca dell'unità di tutte le forze antiliberiste, è stata di creare la coalizione SYRIZA nel 2004, raccogliendo una serie di piccoli gruppi di sinistra e di estrema sinistra di varia e a volte conflittuale estrazione: trotskisti, maoisti, ecologisti di sinistra, socialisti dissidenti, ecc. Questa coalizione non ha avuto un immediato successo, anzi nelle prime elezioni nelle quali si è presentata ha solo consentito di superare di poco la soglia fatidica del 3%. C'è stato poi un periodo di difficoltà e tensioni nei rapporti tra il Synaspismos e gli altri componenti. Contemporaneamente la corrente moderata del Synaspismos ha avversato la formazione del SYRIZA, ritendendolo troppo influenzato da gruppi estremisti e ponendo lo scioglimento della coalizione come condizione per il permanere nel partito. Non avendola ottenuta, la destra del Synaspismos ha dato vita nel 2010 a Sinistra Democratica, che nelle elezioni del maggio scorso ha ottenuto risultati nettamente inferiori alle aspettative e che, specularmente al KKE sul fianco sinistro, rifiuta la prospettiva di unità della sinistra anticapitalista greca proposta dal SYRIZA.
Dopo un risultato positivo ma non esaltante nel 2009, che comunque ha consentito al progetto di andare avanti e di svolgere un ruolo attivo nel conflitto aperto dalla crisi economica e sociale degli ultimi anni, il SYRIZA si trova oggi di fronte ad una esplosione di consensi elettorali tale da farlo diventare forse il primo partito del Paese e certamente il primo partito della sinistra greca. Un successo notevole ma che pone anche forti e difficili responsabilità nel tentativo di coniugare il rifiuto delle politiche di sacrifici draconiani imposte con il Memorandum, senza mettere in discussione la partecipazione all'Europa e ripiegarsi in una prospettiva di regressione nazionale. La capacità del SYRIZA di rispondere a questa sfida offrirà lezioni importanti a tutta la sinistra europea.
Franco Ferrari
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