mercoledì 23 novembre 2011

Il ritorno di Izquierda Unida

Le elezioni spagnole hanno confermato quanto era stato previsto dagli osservatori e dai sondaggi: una netta vittoria della destra conservatrice del Partito Popolare ed una sconfitta secca del PSOE. Nell'esito del voto queste previsioni risultano semmai accentuate, soprattutto per quando riguarda la sconfitta dei socialisti, ancora più catastrofica di quanto da loro temuto. La crisi economica e sociale ha vanificato il consenso che pure aveva accompagnato i primi anni dell'esperienza di Zapatero, quando era diventato un modello citato anche in qualche settore della sinistra europea, compresa quella italiana.

I socialisti avevano assunto posizioni avanzate in termini di diritti civili e laicità, ma sul piano economico-sociale avevano accompagnato con politiche social-liberali una crescita economica che si è dimostrata assai più fragile di quanto sembrasse inizialmente, in quanto basata sulla bolla speculativa legata al settore immobiliare. Al momento della crisi, che in Spagna ha colpito pesantemente settori popolari e ceti medi con milioni di disoccupati e centinaia di migliaia di famiglie impossibilitate a pagare il mutuo della casa e trovatesi  improvvisamente per strada, dopo aver sostenuto un ottimismo superficiale, il governo Zapatero ha adottato le politiche liberiste volute dall'Unione Europea. Il risultato è stato un ulteriore aggravamento delle condizioni di vita dei ceti popolari e soprattutto dei giovani, sempre più condannati alla precarietà e alla disoccupazione.

Il voto ha sancito la frana del consenso nei confronti del PSOE. A fianco di questo dato inoppugnabile, le elezioni hanno anche segnato il ritorno sulla scena politica di Izquierda Unida, la coalizione della sinistra alternativa, che esce da una lunga crisi politica ed elettorale. IU ha ottenuto 1.680.000 voti pari al 6,92% e 11 seggi. Nelle elezioni del 2008 aveva avuto 969.000 voti, pari al 3,77% e solo due seggi, uno a Madrid, andato all'allora leader della coalizione Gaspar Llamazares, e uno agli alleati di Iniciativa per Catalunya.

La nuova accresciuta rappresentanza parlamentare, pur nettamente sottodimensionata per effetto del sistema elettorale che non prevede un recupero dei resti a livello nazionale, consentirà al partito di costituire un proprio gruppo parlamentare e di avere una più significativa iniziativa a livello istituzionale. I parlamentari eletti provengono da Madrid (3), Catalogna (3), Aragona (1), Asturie (1), Paese Valenziano (1), Andalusia (2), e rappresentano le diverse anime della coalizione. Tra essi vi sono Cayo Lara, leader di IU, militante comunista, che ha ridato un profilo popolare e combattivo alla coalizione, ma anche guidato uno sforzo importante per ridurre i conflitti interni; Gaspar Llamazares, predecessore di Lara alla guida di IU, ex militante del PCE, portavoce di un'area più moderata che ha avuto un ottimo successo personale nelle Asturie; José Luis Centella segretario del Partito Comunista; Alberto Garzon Espinosa, economista, militante comunista, ma molto vicino al Movimento 15M (i cosiddetti "indignados"); Joan Josep Nuet, dirigente del Partito Comunista Catalano. Al loro fianco anche un rappresentante degli autonomisti aragonesi, due di Iniciativa per Cataluna, di orientamento ecosocialista e vicina ai verdi europei, ed altri esponenti dei movimenti ecologisti.

Izquierda Unida ha beneficiato della caduta verticale di consensi del PSOE, rispetto al quale ha scelto una linea più apertamente critica di quanto non avesse fatto durante la prima legislatura del governo Zapatero. Ha parzialmente intercettato i consensi del movimento degli indignados, pur scontando all'interno di questo movimento forti componenti che rifiutano la democrazia rappresentativa, la delega, e hanno fatto pressione per l'astensione. IU nel rivendicare la vicinanza delle sue proposte politiche con quelle del movimento ha però respinto le tesi sull'inutilità del voto, tesi che hanno potuto avere un più larga circolazione e credibilità per effetto dell'evidente svuotamento del ruolo delle istituzioni elettive, dovuto alla convergenza dei maggiori partiti, anime di un bipolarismo sempre più asfittico, alle esigenze del capitale finanziario.

IU aveva iniziato negli ultimi anni, sotto la guida di Cayo Lara, un processo di "rifondazione", per superare le tendenze all'eccessiva istituzionalizzazione, alla creazione di centri di potere locale, alla burocratizzazione e allo svuotamento dello spirito democratico e militante. L'obbiettivo è di rilanciare il carattere originario di movimento politico-sociale più che di partito in senso classico, di recuperare radicamento e protagonismo sociale e di superare le troppe conflittualità interne. Il successo elettorale costituisce un utile viatico a questo processo, ma sarebbe probabilmente un errore pensare che una volta recuperata le presenza istituzionale, il rinnovamento della coalizione non sia più una necessità urgente.

Il positivo risultato elettorale di IU ha portato in Italia qualche corrente della sinistra ad utilizzarlo subito in modo strumentale per sostenere questa o quella proposta politica o ideologica, con un provincialismo tipicamente italiano. C'è chi dopo aver sostenuto per anni che la crisi di Izquierda Unida era diretta conseguenze dell'abbandono dell'identità comunista, ora festeggia il successo dei "comunisti" forzando unilateralmente il reale e complesso pluralismo della coalizione. D'altra parte vi è chi tira la coperta dalla sua parte, isolando un solo elemento politico, quello della conflittualità con il PSOE (che peraltro non ha impedito il raggiungimento di accordi di governo locale in occasione delle ultime elezioni amministrative), ma portandolo fuori dal contesto, ovvero il fatto che in Spagna si esce da dieci anni di governo socialista che hanno cancellato molte illusioni e non da un ciclo di governo della destra come avviene in Italia o in Francia.

Un'ultima segnalazione riguarda l'esito elettorale di alcuni gruppi minori dell'estrema sinistra che si sono presentati in contrapposizione ad Izquierda Unida. Il PC dei popoli spagnoli (PCPE) è quanto rimane di una scissione filosovietica del PCE degni anni '80. La maggioranza del partito decise poi di rientrare nell'89 nel Partito Comunista, mentre una tendenza minoritaria ha mantenuto in vita il gruppo scissionista. La sua maggiore organizzazione territoriale era quella catalana, il PCC, che resta ancora oggi autonomo dal PCE ma, attraverso la versione locale di IU (EUyA, Sinistra Unita Alternativa), partecipa all'alleanza con gli ecosocialisti di IU ed è presente nel Partito della Sinistra Europea. Il PCPE, sostenuto dal KKE (il PC Greco, neostalinista), ha ottenuto lo 0,1%. Analoga percentuale è andata alla lista Anticapitalistas, sostenuta da Izquierda Anticapitalista, la corrente spagnola della Quarta Internazionale sorella dell'italiana Sinistra Critica, che analogamente alla rottura di quest'ultima dal PRC, scelse la strada della divisone da IU, sulla base di un orientamento settario assunto dalla organizzazione internazionale. Non arriva nemmeno allo 0,1% un piccolo gruppo maoista, l'Unificacion Comunista de Espana (UCE).

Discorso a parte meriterebbero le organizzazioni della sinistra nazionalista come Amaiur, che ha beneficiato evidentemente della decisione dell'ETA di abbandonare la lotta armata e il terrorismo, ottenendo un ottimo risultato, e il Blocco nazionale gallego (BNG), sorto originariamente da un gruppo di tendenza marxista-leninista e maoista, anche se oggi segue una politica che si potrebbe definire socialdemocratica di sinistra.

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