venerdì 11 agosto 2017

Il sanfedismo del 21° secolo

Ad un certo punto della campagna elettorale per le presidenziali americane, Hillary Clinton ha definito "deplorevoli" circa metà degli elettori di Trump, spiegando poi che attribuiva l'aggettivo a quei seguaci del rivale animati da idee razziste, sessiste, omofobe o xenofobe. L'altra metà invece era composta da persone che chiedevano un qualche tipo di cambiamento a causa dell'ansia provocatagli dalle difficoltà economiche. A questa parte dell'elettorato, precisava la Clinton, era giusto mostrare la massima simpatia. Il giorno successivo la candidata presidenziale democratica si scusava per una valutazione che era stata troppo grossolana. Sembra di capire che, in fin dei conti, continuasse a ritenere "deplorevoli" una parte degli elettori di Trump, ma forse meno della metà.

Attorno a questo aggettivo, "deplorevoli", Paolo Borgognone ha costruito un voluminoso pamphlet nel quale alcuni concetti vengono ripetuti in modo ossessivo per centinaia di pagine. Più prolisso che prolifico, l'autore individua nel termine usato dalla Clinton, la prova del disprezzo con il quale una ristretta élite globalista guarderebbe alle classi popolari. Se può avere una qualche giustificazione la critica alla Clinton per questo giudizio rivolto ad una parte degli elettori del suo avversario (per altro alcuni di questi realmente animati da idee "deplorevoli"), non è certo lo stesso Borgognone a poter dare lezioni di "bon ton" politico, dato il ripetitivo ricorso a definizioni insultanti e grossolane nei confronti di coloro che invece hanno sostenuto la Clinton. "Pussy generation", ovvero generazione di "fighette" è uno di quelli più amichevoli.

Il volume di Borgognone, di scarso interesse se si cerca un'analisi seria delle ragioni del voto americano del novembre 2016, può essere utile invece per comprendere le argomentazioni utilizzate da una corrente politico-ideologica, negli ultimi tempi particolarmente rumorosa, che si propone di abbattere la barriera della distinzione tra fascismo e antifascismo. Si tratta di un'operazione, in una qualche misura definibile come "egemonica", che cerca di aggregare settori tradizionalmente di sinistra, anche radicale, attorno ad una piattaforma schiettamente reazionaria.

L'autore ha registrato con favore, evidentemente, il successo di Trump alle elezioni americane. Il risultato, inaspettato per molti, viene interpretato come una rivolta delle classi popolari e dell'America vera, contro l'establishment incardinato sulla grande finanza e promotore di una globalizzazione tesa a sradicare le identità nazionali tradizionali. In realtà l'analisi del voto indica un quadro un po' diverso. E' vero che Trump con il suo discorso economico protezionistico è riuscito ad intercettare i voti di settori operai e popolari di stati chiave come Pennsylvania, Wisconsin e Michigan. E questo spostamento di elettori di tradizione democratica gli ha consentito di prevalere per poche decine di migliaia di voti nella cosiddetta Rust Belt e di venire eletto presidente.

Ma a livello nazionale, com'è noto, ma è bene ricordare, Trump ha ottenuto 3 milioni di voti in meno della Clinton. Ha vinto grazie ad un sistema elettorale inventato a suo tempo per garantire gli stati schiavisti del sud che potevano così pesare sulla scelta del Presidente anche se escludevano i cittadini di colore dal voto. Non c'è stata quindi nessuna rivolta elettorale di popolo a favore di Trump. Gran parte dei voti ottenuti dal miliardario candidato repubblicano sono quelli tradizionali del bacino di consensi del suo partito. Si poteva pensare che l'elettorato moderato del GOP preferisse una candidata centrista come la Clinton, ma questo è avvenuto in misura limitata. E' vero che la sconfitta democratica è risultata essere il frutto dell'allontanamento di milioni di voti popolari che però si sono rivolti solo in minima misura verso il contendente demagogo e populista. Le analisi sociologiche del voto indicano che la Clinton prevale tra gli elettori il cui reddito non supera i 30.000 dollari annui, mentre Trump prevale in tutte le fasce superiori.

A partire dal successo di Trump e di alcuni partiti di estrema destra in Europa, Borgognone ritiene di intravedere l'emergere di una nuova frattura politica e sociale fondamentale: quella fra globalismo e sovranismo. E' sulla base di questa contrapposizione che ci si dovrebbe schierare, superando la tradizionale divisione tra destra e sinistra e ancor di più la divisione fascismo/antifascismo. Vengono riprese critiche al liberismo, alla grande finanza, alle politiche militariste degli Stati Uniti e di altri paesi, che possono trovare un'eco nelle posizioni della sinistra radicale ma queste sono inserite in un contesto ideologico di tutt'altro segno.

Il liberismo, soprattutto la sua dimensione finanziaria, viene accusato di mettere in crisi assetti sociali tradizionali. Da qui emerge la denuncia della "femminilizzazione" della società e un pericolo altrettanto grave viene attribuito al riconoscimento di diritti fondamentali alle minoranze che siano etniche o di orientamento sessuale. L'ideale di società che emerge dal testo di Borgognone, contrapposto al globalismo liberista, è in sostanza quello di una società autoritaria, conformista, patriarcale, venata di razzismo più o meno esplicito. 

E' vero, come per altro Marx aveva individuato già a metà dell'800, che la tendenza espansiva del capitalismo tende ad infrangere ogni barriera, che siano frontiere statuali o assetti sociali chiusi di derivazione precapitalistica. Ma lo stesso Marx metteva in guardia contro quello che chiamava il "socialismo feudale": "In questo modo nacque il socialismo feudale, per metà geremiade e per metà pasquinata, per metà eco del passato e per metà paurosa minaccia del futuro, e che al tempo stesso ferisce proprio al cuore la borghesia attraverso una critica mordace ed ingegnosa, ma rimane pur sempre di effetto comico per la sua assoluta incapacità di comprendere l’andamento della storia moderna. Per raccogliere e tirarsi dietro il popolo, questi signori inalberavano a mo’ di bandiera la bisaccia del proletariato mendicante. Ma quelli che provarono a seguirli li videro da dietro adorni dei vecchi blasoni feudali, e si dispersero scoppiando in rumorose e irriverenti risate." (Manifesto del Partito Comunista)

Il fatto che su singoli aspetti di critica delle politiche liberiste o delle iniziative perseguite dall'establishment (che per altro non è un blocco unitario) vi possa essere una qualche, superficiale, sintonia, con le posizioni della sinistra non deve ingannare sul carattere reazionario delle posizioni sostenute da Borgognone e da altri. Non manca chi, anche a sinistra, contribuisce ad alimentare la confusione. I libri di Borgognone sono pubblicati da una piccola casa editrice, la Zambon, di area neo-stalinista (ha in catalogo ad esempio il testo di riabilitazione di Stalin scritto dallo scomparso Ludo Martens). Questo ha suscitato un conflitto interno tra alcuni redattori che rifiutano, giustamente, di archiviare la distinzione tra fascismo ed antifascismo e l'editore. Alle contestazioni interne quest'ultimo ha risposto richiamando l'alleanza del PCI togliattiano con i monarchici e Badoglio durante la seconda guerra mondiale. Il paragone ha scarso fondamento perché anche quell'alleanza politica, che individuava nel fascismo e nel nazismo il nemico principale da combattere, non portava affatto a confondere le posizioni politiche e ideologiche degli uni e degli altri. 

Come già nel richiamo di Marx al "socialismo feudale" non è inedito che movimenti reazionari agitino le tematiche sociali e si propongano di rappresentare gli interessi del popolo contro le élite. Da questo deriva anche il richiamo del titolo ai sanfedisti del Cardinale Ruffo che cantavano:
A lu suono d'ê campane
viva viva 'i pupulane,

a lu suono d'î viulini
morte a li giaccubbine!
Ma quando i reazionari si mettono alla testa della protesta popolare, pur legittima, è difficile che ne venga qualcosa di buono. Intanto Trump è impegnato, finora senza riuscirci, a togliere l'assistenza sanitaria a 20 milioni di americani a basso reddito, mentre Wall Street non ha mai visto salire così in alto i propri profitti. E i pericoli di guerra in diverse aree del mondo si sono inaspriti. A conferma che non si possono certo combattere le politiche liberiste e militariste dell'establishment, dando il potere alla sua parte più retriva.

Franco Ferrari

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