sabato 12 novembre 2011

La proposta del "partito di classe" cavallo di Troia per liquidare Rifondazione Comunista

Il documento congressuale presentato da Falcemartello nell'ambito dell'VIII Congresso nazionale di Rifondazione Comunista, merita di essere esaminato con una qualche attenzione, alla luce di ciò che contiene ma anche in considerazione dell'evoluzione sostanziale che ha subito la linea politica di questa corrente trotskista nell'arco di alcuni anni.

Il cuore della proposta consiste nella "costruzione del partito di classe". Le domande a cui rispondere sono: 1) quale rapporto avrebbe questo partito col PRC?; 2) con quali forze esso andrebbe costruito?; 3) quale dovrebbe essere la sua identità?.

Sulla prima questione va chiarito che non siamo in presenza di una proposta di maggiore radicamento operaio e di classe del PRC (proposta sostenuta da Falcemartello al VII Congresso, con la cosiddetta svolta operaia, e sintetizzata nella parole d'ordine della "nuova Rifondazione Comunista"), ma a tutti gli effetti di un nuovo partito. Questo elemento è largamente occultato nel dibattito alla base dagli esponenti di FM, ma è del tutto coerente con la posizione assunta nell'ultima assemblea nazionale del gruppo, nella quale si spostava l'asse della propria iniziativa politica collocandolo in una prospettiva di superamento del PRC. Le forze organizzate nel PRC andrebbero mobilitate per la costruzione di questo nuovo partito.

Con chi costruirlo? Falcemartello risponde che esistono oggi forze "nella FIOM; nella sinistra CGIL; in un settore dei sindacati di base; in un settore delle scissioni di sinistra del PRC; nel movimento di difesa della scuola pubblica e dei beni comuni". In larga parte si tratta delle forze che hanno dato vita all'assemblea del 1° ottobre sulla parola d'ordine del non pagamento del debito pubblico e che hanno come possibile loro leader Giorgio Cremaschi, dirigente Fiom e della rete 28 aprile (settore minoritario della sinistra CGIL). L'area CGIL attorno a Cremaschi, il gruppo di Sinistra Critica di Cannavò e Turigliatto uscito da Rifondazione, la Rete dei Comunisti con i suoi legami in una parte dei sindacati di base sono, detto in chiaro, gli interlocutori dell'operazione "nuovo partito di classe".

L'assemblea del 1° ottobre è rimasta però in sospeso tra costruire una realtà di movimento o dar vita ad un nuovo soggetto politico, come spiega Marco Veruggio sull'ultimo numero di Controcorrente. E Veruggio è il leader dell'altra mini-corrente del PRC alleata con Falcemartello nel documento 2. Ci si può chiedere se questo schieramento, al di là dell'impatto mediatico di Cremaschi (di cui parla lo stesso Veruggio), abbia davvero un'insediamento sociale, una chiarezza di prospettive ed una omogeneità di posizioni tale da poter costruire un partito realmente più ampio del PRC e non invece un altro gruppo settario simile a quelli di Ferrando (Partito Comunista dei Lavoratori) o di Rizzo (Comunisti-Sinistra Popolare).

Terzo elemento è quello dell'identità del "nuovo partito di classe". Su questo aspetto il documento di Falcemartello è piuttosto reticente. In nessun punto del documento si definisce questo nuovo partito politico come una forza comunista. Laddove si citano degli esempi si richiamano tre partiti tra loro molto diversi: il Partito socialista unito del Venezuela guidato da Chavez, il Partito dei Lavoratori di Lula in Brasile e il Partito Comunista d'Italia del '21. Due partiti citati non sono comunisti, anche se alla loro formazione hanno partecipato gruppi e correnti comuniste di vario orientamento. Quanto al riferimento al PCdI mi sembra assai debole anche nel richiamo all'effettiva vicenda storica, quando si introduce un nesso tra i Consigli di Fabbrica e la formazione del Partito. E' noto che il PCdI nacque con una netta egemonia della componente bordighiana che era al contrario nettamente ostile all'esperienza dei Consigli. Semmai il punto rivendicato nella fase successiva dalla direzione di Gramsci, era quello di avere ripensato il carattere del soggetto rivoluzionario in Italia, non più identificato nella sola classe operaia del nord ma anche nelle masse contadine del sud. In questo senso Gramsci contestava la visione monoclassista del Partito Socialista, che puntava sulla sola classe operaia. Erano, paradossalmente per chi ragiona per schemi, i massimalisti e i riformisti a rivendicare il legame esclusivamente operaio del partito. A conferma che ci può essere anche un "partito di classe" che non esce dal solco del riformismo.

La stessa frase di Gramsci citata nel documento mi pare affermare esattamente il contrario della prospettiva avanzata da Falcemartello, ovvero di un partito costruito da militanti senza alcuna base di massa (le masse arriveranno, come arrivano i tram, basta mettersi alla fermata giusta). Gramsci scrive che il Partito Comunista deve essere "sintesi e riflesso" dello spirito di iniziativa storica e aspirazione all'autonomia industriali esistenti in mezzo alla massa. Espressione di qualcosa che già esiste a livello di massa, quindi, non di qualcosa che arriverà in futuro.

Per chiarire ulteriormente che il "nuovo partito di classe" proposto da Falcemartello non è un partito comunista che si riconosca soggettivamente come tale, ricordo per differenza una frase chiave contenuta nel documento presentato al VII Congresso che certamente non è stata dimenticata per distrazione. Allora si affermava dopo una serie di considerazioni analitiche che veniva dedotta sul piano teorico "l'importanza e il ruolo di un moderno partito comunista che, libero dalle incrostazioni dello stalinismo, si proponga come organizzazione generale della classe lavoratrice e di tutti gli sfruttati".

Abbiamo quindi accertato sui tre interrogativi posti all'inizio le tre relative risposte: 1) il nuovo partito presuppone il superamento/liquidazione del PRC; 2) le forze potenziali interlocutrici di questi progetto non si sono sono ancora pronunciate in tal senso e sono comunque più ridotte di quelle che oggi si riconoscono nel PRC o nella Federazione della Sinistra; 3) il nuovo partito viene indicato come partito genericamente di classe e non come partito comunista.

Un altro aspetto interessante nella posizione di Falcemartello nell'VIII Congresso che costituisce una evoluzione abbastanza radicale rispetto alle tesi sostenute in precedenza (in particolare al VI Congresso) riguarda il rapporto col PD e la proposta del "polo della sinistra di classe".

Ricordiamo che Falcemartello fino al V Congresso faceva parte della corrente si sinistra guidata da Ferrando. Con il VI Congresso quell'area si frammenta e Falcemartello per la prima volta presenta una propria mozione congressuale. Fra i punti di dissenso tra FM e Ferrando ve ne sono in particolare due: il giudizio sui DS (successivamente confluiti nel PD) e l'obbiettivo di costituire il "polo autonomo di classe anticapitalista".

Falcemartello respingeva la tesi secondo cui i DS sarebbero stati un partito "borghese", richiamando tra l'altro i rapporti di questo partito con il movimento dei lavoratori ed in particolare con la CGIL. In proposito il documento congressuale per il VI Congresso affermava: "Gli avvenimenti degli ultimi anni smentiscono chi in passato parlava in modo unilaterale di svolta liberale, di sradicamento 'definitivo' di partiti quali i Ds o il Labour dal movimento operaio, confondendo la critica della politica dei loro dirigenti con la loro natura e il loro radicamento di classe".

A quel tempo la posizione di Falcemartello era assai più articolata di quanto non sia oggi e il gruppo criticava il settarismo e l'apoliticismo di Ferrando, mentre oggi in gran parte si trova a sostenere le stesse argomentazioni allora contestate.

In sintesi Falcemartello proponeva come tattica elettorale di praticare la desistenza nei confronti dei DS (considerato partito operaio) e di negarla ai candidati della Margherita (considerato centro borghese). All'opposizione all'alleanza con Prodi si contrapponeva la parola d'ordine di un governo di sinistra. Interessante l'argomentazione che veniva portata a sostenere tale posizione, citando come esempio la situazione spagnola (si era al momento della crisi che portò alla sconfitta elettorale della destra e all'elezione di Zapatero). In Spagna, scriveva allora Claudio Bellotti, leader di Falcemartello, "la questione di cacciare le destre si è posta improvvisamente di fronte alla classe lavoratrice come una questione urgente, bruciante e non rinviabile. In questo contesto, cosa avrebbero dovuto dire dei marxisti? Cacciamo Aznar e poi torniamo all'opposizione? E chi governerebbe? Una simile posizione sarebbe stata giustamente vista come completamente ridicola e inapplicabile".

Collegando la vicenda spagnola a quella italiana, Bellotti aggiungeva che "le masse non hanno alternative credibili e tenteranno una e più volte di far emergere la propria voglia di cambiamento attraverso le organizzazioni maggioritarie della sinistra. E' necessario pertanto che i comunisti elaborino una tattica e parole d'ordine adeguate anche su questo terreno, se non vogliono trovarsi completamente isolati dal movimento della classe." Vengono avanzate considerazioni che, pur all'interno dello schematismo ideologico tipico di questa corrente, si pongono comunque il tema della tattica, dello sbocco politico e degli orientamenti di massa, completamente assenti nella proposta attuale che risulta astratta e propagandistica.

Naturalmente la situazione odierna si è modificata da allora. Per Falcemartello il principale mutamento è determinato dalla nascita del PD. Nel documento del VII congresso si afferma apoditticamente che "Il Partito democratico è un nostro antagonista". La campagna elettorale del 2008 aveva "confermato in modo inequivocabile la natura compiutamente borghese del partito democratico". Quindi mentre i DS di Fassino e D'Alema erano un "partito operaio", Veltroni allora e Bersani oggi sono alla testa di un partito "inequivocabilmente borghese". E quindi non vi è più alcuna dialettica tra la politica dei dirigenti ed il radicamento di classe. L'analisi della trasformazione è piuttosto sommaria e mescola elementi superficiali e contingenti con dati strutturali. Non è questa la sede per una disamina complessiva della questione.

Per Falcemartello la natura operaia o borghese dei DS o del PD (per Ferrando erano già borghesi i DS) assume un valore discriminante, alla luce della tradizione trotskista che risale alla posizione ostile da parte del fondatore del movimento nei confronti dei Fronti popolari in quanto alleanze tra il movimento operaio e settori borghesi. A sua volta questa posizione rimanda al modello schematico di interpretazione dello sviluppo storico elaborato attorno al concetto di "rivoluzione permanente".

Al di là degli aspetti contingenti e tattici, alla base della posizione di Falcemartello vi è quindi il rifiuto di ogni forma di allenza con settori democratico-borghesi, posizione che distingue in modo sostanziale il movimento trotskista da quello comunista almeno dalla metà degli anni '30. In questo caso l'applicazione dello schema ideologico, una volta dichiarata la natura "borghese" del PD, rende impraticabile qualsiasi forma di alleanza e qui si ricade nella posizione di Ferrando che già dichiarava "borghesi" i DS.

Ciò che emerge nell'evoluzione di Falcemartello dal VI all'VIII congresso del PRC è da un lato uno spostamento del proprio investimento politico nella prospettiva di un superamento di Rifondazione, dall'altro  un ripiegamento settario che, al di là della relativamente facile raccolta di consensi sul terreno dell'ostilità al PD (in larga parte giustificata), risulta incapace di offrire una qualsiasi convincente strategia politica.

Franco Ferrari

Nessun commento: