giovedì 19 giugno 2014

La crisi della sinistra indiana

Una manifestazione elettorale del PCI-Marxista a Varanasi 
Le elezioni indiane sono il più grande appuntamento elettorale del mondo con oltre 800 milioni di elettori mobilitati nell'arco di diverse settimane. Il sistema di voto è modellato su quello britannico, il cosiddetto "first-past-the-post". Il paese è diviso in collegi elettorali uninominali nei quali il primo arrivato conquista il seggio. In una realtà attraversata da molti elementi di divisione e frammentazione com'è quella indiana, questo meccanismo non ha mai prodotto un puro sistema bipolare. Dall'indipendenza, ottenuta nel 1947, alla seconda metà degli anni '70 il sistema politico è stato dominato dal Partito del Congresso, identificato dalle grandi masse con la lotta per separarsi dall'impero britannico.


Le 16e elezioni per il Lok Sabha (la Canera bassa) si sono tenute nel mese di maggio 2014 e hanno sancito una trionfale vittoria del partito della destra induista, il Bharatya Janata Party (BJP), guidato da Narendra Modi, primo ministro dello stato del Gujarat. I due principali blocchi che si contendevano il primato erano l'Alleanza Nazionale Democratica (NDA) promossa dal BJP e l'Alleanza Progressista Unita (UPA), guidata dal Congresso Nazionale Indiano, che proponeva come primo ministro Rahul Gandhi, ultimo rampollo della dinastia familiare che domina il Congresso dagli anni '40.

In termini di seggi il risultato è inequivocabile perché l'NDA ha ottenuto 336 seggi, contro i 159 che aveva nella precedente legislatura, e l'UPA è crollata da 262 a soli 60. Il BJP da solo ha conquistato 282 seggi ed avrebbe quindi la maggioranza assoluta anche senza i suoi alleati. Il Congresso al contrario si trova, con soli 44 seggi, a non disporre neppure della rappresentanza minima necessaria per essere riconosciuto come opposizione ufficiale secondo le regole costituzionali. 

Il Bharatya Janata Party è sorto come braccio politico della Rashtriya Swayamsevak Sangh (RSS) un'organizzazione estremista nazionalista indù fondata nel 1925. Il BJP si propone come portabandiera dell'Hindutva, ovvero di un'identità induista che si contrappone alle minoranze che compongono il variegato mosaico indiano. In diverse occasioni ha promosso dei pogrom contro le altre comunità, in particolare verso i musulmani. Il BJP è anche sostenitore di una politica neo-liberista, favorevole ad un mercato senza regole e all'espansione degli investimenti stranieri. In queste elezioni, nelle quali ha potuto contare sull'aperto e massiccio sostegno di tutti i principali esponenti del grande capitale indiano, ha valorizzato soprattutto la figura del suo candidato a capo del governo, Narendra Modi e del suo "Modello Gujarat". La destra ha presentato la politica economica perseguita negli ultimi anni in questo stato indiano come un grande successo da ricalcare nella politica governativa a livello federale. I critici del BJP mettono invece in evidenza come questi successi economici non siano così evidenti e soprattutto come essi siano stati pagati dai ceti più deboli e dalle minoranze non indù.

La sconfitta del Partito del Congresso è stata attribuita principalmente alla mancanza di carisma di Rahul Gandhi e all'estesa corruzione che è diventata pubblica con diversi scandali che hanno dominato l'informazione. Inoltre ha pagato la frenata brusca della crescita economica, che secondo i critici di sinistra è conseguenza della scelta di perseguire una politica economica orientata al liberismo.

La sconfitta della sinistra

Le elezioni hanno anche segnato una pesante sconfitta della sinistra che in termini di seggi, ma anche di voti, si trova ridotta ai minimi storici. Il Fronte di Sinistra, che raccoglie le quattro principali organizzazioni comuniste ha ottenuto solo 12 seggi contro i 21 che aveva nel parlamento uscente. Anche le precedenti elezioni del 2009 avevano fatto registrare un pesante arretramento. I quattro partiti avevano perso allora 35 seggi.

Nell'arco di due scadenze elettorali la rappresentanza parlamentare della sinistra è scesa da 46 a 12 seggi. La principale forza politica di sinistra, il Partito Comunista Indiano (Marxista) -CPIM -  ha mantenuto solo 9 seggi. Di questi 5 sono stati conquistati nel Kerala, 2 nel Bengala occidentale e 2 nel Tripura. Sono questi gli stati nei quali il CPIM è tradizionalmente forte. Nel Tripura, un piccolo stato dell'est, si conferma il primo partito con il 64,0%, nel Kerala è il secondo partito dopo il Congresso con il 21,6%. Nel Bengala occidentale subisce una nuova grave sconfitta da parte del Trinamul Congress e ottiene solo il 22,7%. In tutta l'India il CPIM ottiene 17.986.773 voti, pari al 3,25% con un calo del 2,08%.

Il Partito Comunista Indiano (CPI), più piccolo del CPIM ma con una presenza diffusa in diversi stati del cosiddetto Hindu Belt oltre che negli stati con una tradizione di sinistra, ha ottenuto 4.327.298 voti, pari al 0,78% con un calo dello 0,65%. L'unico seggio rimastogli lo conquista nello stato del Kerala dove raccoglie il 7,6%. 

L'All India Forward Bloc (AIFB), presente principalmente nel Bengala Occidentale, ha raccolto 1.211.418 voti, pari allo 0,22% con un calo dello 0,16%. Ha perso i 2 seggi che aveva e non è più rappresentato in parlamento.

Il Partito Socialista Rivoluzionario (RSP), presente sia in Bengala che in Kerala, dove ha salvato l'unico seggio rimastogli, ha ottenuto 1.666.380 voti, pari allo 0,30%, con un calo dello 0,08%. 

Hanno presentato candidati anche altri partiti minori di orientamento comunista, nessuno dei quali però ha ottenuto seggi. Tra questi il Partito Comunista dell'India (marxista-leninista) -Liberazione ha raccolto 1.007.274 voti pari allo 0,18%, con un calo dello 0.07%. La sua presenza è concentrata soprattutto nel Bihar e nello Jarkhand. E' la principale formazione di derivazione maoista impegnata sul terreno politico ed elettorale. Il Socialist Unity Centre of India (Communist) e il Peasant and Workers Party of India, hanno una presenza locale (nel Bengala occidentale il primo, nel Maharastra il secondo) e raccolgono circa mezzo milione di voti ciascuno.

Quali sono le ragioni della sconfitta elettorale e della crisi politica della sinistra indiana? Il tema è oggetto di dibattito da almeno un paio d'anni, da quando il Fronte di Sinistra, dominato dal Partito Comunista Indiano-Marxista (CPIM) ha perso le elezioni nel Bengala occidentale, uno stato con quasi 100 milioni di abitanti, dopo 34 anni di governo ininterrotto. 

Il dibattito sulle ragioni della crisi
La sede della Fondazione Rosa Luxemburg a Delhi

Amay Korjan, ricercatrice della sede indiana della Fondazione Rosa Luxemburg, ricorda che nelle elezioni del 2004, il Terzo Fronte (un'alleanza fra i maggiori di sinistra e altri partiti regionali progressisti del paese) sembrava avere conquistato un terreno più avanzato. Era riuscito ad ottenere 59 seggi, il miglior risultato elettorale di sempre, particolarmente significativo perché ottenuto al di fuori di qualsiasi alleanza elettorale con i due maggiori partiti. Per la sinistra si era aperta la strada per svolgere un ruolo importante nello scenario politico nazionale. Questo però non è avvenuto. Dal 2004 ad oggi il Fronte delle Sinistre ha perso sia in credibilità politica che in seggi. A questo si aggiunge una preoccupante tendenza alla frammentazione in quanto uno dei partiti del fronte, il Partito Socialista Rivoluzionario (RSP) ha annunciato di voler abbandonare la tradizionale alleanza.

Quali sono le diagnosi della crisi? Amay Korjan ne richiama alcune. In primo luogo il tradizionale frazionismo della sinistra rappresenta un ostacolo ricorrente. In secondo luogo, le scelte recenti della sinistra organizzata, caratterizzate da un "ristretto pragmatismo", hanno prodotto ulteriori danni. Infine il crescente scontro violento tra lo Stato indiano e le fazioni armate dell'estrema sinistra (i maoisti) ha reso più facile demonizzare e mettere in dubbio la credibilità degli altri partiti di sinistra. 

Ad un certo punto la sinistra ha rinunciato ad estendere la propria presenza in nuovi territori e si è concentrata sulla crescita economica negli stati nei quali era al potere. Quando nel 2004 ha iniziato ad unirsi all'alleanza con il Congresso (poi interrotta a seguito dell'accordo nucleare tra India e Stati uniti) e ad altri partiti regionali, ha modificato il proprio approccio in favore di un'agenda maggiormente centrata sul mercato. Questo ha portato ad una serie di requisizioni di terre per consentire la realizzazione di progetti nelle Zone Economiche Speciali (ispirate dalla realtà cinese) a Singur e a Nandigram nel Bengala occidentale. Quest'ultimo soprattutto è risultato particolarmente controverso perché ha rimesso in discussione proprio quel processo di riforma agraria che aveva costituito uno dei principali successi del governo delle sinistre. La gestione politica della vicenda di nandigram da parte del governo di sinistra bengalese ha portato, secondo Amay Korjan, ad una sensazione di tradimento tra una parte ampia dei quadri del partito.

Secondo diversi intellettuali di sinistra il principale problema della sinistra è l'abbandono di una politica radicale di emancipazione, verso un'azione pragmatica ed un approccio social-democratico. Il teorico e militante del CPIM Prabat Patnaik ha parlato di "empiricizzazione", intendendo con questo termine "una pratica politica non ispirata dal progetto di superamento del capitalismo". Una critica analoga è stata avanzata anche da Achin Vanaik (un intellettuale di orientamento trotskista) secondo il quale i partiti di sinistra hanno subito un cambiamento. Secondo Vanaik, il CPIM era un tempo un partito basato su movimenti di massa, i cui quadri erano motivati da un programma ideologico che, benché "stalinizzato", ispirava comunque il coinvolgimento nelle lotte in diversa dei diversi settori oppressi della società indiana. La sinistra indiana avrebbe fatto delle concessioni tali da farla apparire come un qualsiasi altro partito regionale ed a rendere indefinibili e confuse le tradizionali posizioni ideologiche. 

La conclusione, provvisoria, della ricercatrice della Fondazione Rosa Luxemburg è che questa situazione per certi aspetti disperata richiede una trasformazione della sinistra, che deve raggrupparsi, ripensarsi e riallinearsi in vista dei prossimi, inevitabili, conflitti. E questa situazione difficile non significa che non vi siano più speranze. Il CPIM ha un peso elettorale che è sicuramente superiore alla sua rappresentanza parlamentare, limitata drasticamente dal sistema elettorale maggioritario. Anche il CPI, pur indebolito, mantiene una presenza organizzata in una serie di stati: Uttar Pradesh, Kerala, Bihar, Andra Pradesh, Punjab. Esiste quindi per Amay Korjan la possibilità di reinventarsi e di cercare di consolidare la propria presenza in queste diverse realtà.

Per quanto riguarda i partiti interessati sono previste riunioni degli organismi dirigenti (il 20-22 giugno per il Consiglio nazionale del CPI, l'8-10 agosto per il Comitato centrale del CPIM) e potremo valutare le lezioni tratte dal risultato elettorale e gli eventuali cambiamenti di strategia che ne seguiranno.

Franco Ferrari

Link di riferimento

http://www.rosalux.de/fileadmin/rls_uploads/pdfs/sonst_publikationen/KORJANA__elections-2014.pdf

http://en.wikipedia.org/wiki/Results_of_the_Indian_general_election,_2014

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