sabato 19 ottobre 2013

Congresso di Rifondazione Comunista (III): appunti critici sul documento di maggioranza

L'obbiettivo di queste note è di fornire qualche elemento di riflessione del tutto personale sui documenti presentati al dibattito congressuale del PRC. Non ho pretese di neutralità, dato che mi sono schierato a favore del primo documento, ma, per quanto possibile, di obbiettività nel cogliere quanto effettivamente i documenti propongono. Questo approccio mi sembra utile per un dibattito che entri in misura maggiore nel merito delle varie posizioni, al fine di arrivare al termine del percorso congressuale con una proposta politica migliore di quella iniziale perché frutto di un confronto più ampio e partecipato. Purtroppo la modalità congressuale, il suo carattere prevalente di contrapposizione elettoralistica, non aiuta questo processo di elaborazione collettiva ma favorisce la cristallizzazione delle posizioni.

L'utilità di un processo di elaborazione collettiva è dimostrato dal confronto tra la versione iniziale e quella finale del documento di maggioranza. Consentire, anche se per pochi giorni e rendendo volutamente difficile la ricerca dei documenti sul sito di Rifondazione Comunista, la possibilità di proporre modifiche e integrazioni ha significativamente migliorato il testo iniziale. Questa dovrebbe essere la modalità prevalente del confronto, lasciando aperta la possibilità su temi sui quali non sia possibile una sintesi di arrivare ad un voto.


Le note da me pubblicate sul secondo e sul terzo documento hanno suscitato interesse, qualche reazione isterica, ma anche la dimostrazione che è possibile un dibattito aperto, leale, non privo di spunti polemici ma che resta ancorato al merito delle questioni. In tal senso segnalo il commento alla mia nota sul terzo documento da parte di un sostenitore del testo che è intervenuto su questo blog per chiarire ed interloquire con le mie considerazioni.

Venendo al documento di maggioranza, pur sostenendolo con convinzione in sede congressuale, ritengo che sia utile esprimere valutazioni di merito, rilevarne i punti deboli, le contraddizioni ed i limiti. Solo da questo processo può venire un percorso di rinnovamento che sia tale anche nel metodo del dibattito politico nel PRC e più generalmente nell'intera sinistra. Per ragioni di spazio e di leggibilità procederò per punti schematici, riservandomi di riprenderli poi in modo più esteso.

Socialismo del XXI secolo e rifondazione comunista

Il primo documento è l'unico che ponga l'azione del PRC nella prospettiva del "socialismo del 21° secolo" definito come "rinnovato progetto per la trasformazione sociale" che "continui la lotta per una società di liberi ed eguali, che superi il patriarcato e attui il pieno rispetto della natura" ma sappia anche "apprendere dal fallimento dei primi tentativi di fuoriuscita del capitalismo". Si tratta di un riferimento importante perché è difficile pensare ad una ripresa ed estensione delle lotte di massa contro l'egemonia liberista senza che si apra concretamente una prospettiva di società alternativa al capitalismo, credibile perché più avanzata delle esperienze che hanno avuto un esito fallimentare nel Novecento.

Il limite del documento è di non richiamare il fatto che la prospettiva del "socialismo del 21° secolo" non nasce da una elaborazione puramente intellettuale ma dall'espansione delle lotte politiche e sociali partite dall'America latina (la rivoluzione bolivariana in Venezuela innanzitutto) e poi è diventato, in misura sempre più larga, patrimonio comune di altre forze anticapitaliste. Al "socialismo del 21° secolo" si richiama il Partito della Sinistra Europea. Il PRC deve collegarsi maggiormente a questo dibattito internazionale e a questo concreto e reale movimento di popoli e di classi sociali.

Solo accennata è l'articolazione tra "socialismo del 21° secolo" e "rifondazione comunista". Anche questo secondo tema, per me essenziale, è presente solo nel primo documento. Il concetto chiave in tal senso è questo: "la rifondazione comunista implica anche la capacità di uscire dalla gerarchizzazione o dalla giustapposizione delle contraddizioni e di costruire una nuova connessione tra teoria della trasformazione e pratiche di liberazione. Non solo, dunque, la rottura radicale con lo stalinismo, che è un tratto acquisito o irreversibile della cultura politica di questo partito, ma l'elaborazione di un pensiero comunista con lo sguardo rivolto al futuro, e che abbia il nodo della libertà tra uguali, della piena autodeterminazione di donne e uomini a suo fondamento. Essere comuniste e comunisti oggi, dunque, non è solo evocare una identità rassicurante che può diventare alibi per scelte politiciste. Significa costruire materialmente oggi, come partito, lotta di classe e lotte di liberazione: non rinviare alla presa del potere una pratica di cambiamento".

Condivido i punti fondamentali espressi in questo paragrafo: la rottura con lo stalinismo, il nesso uguaglianza-libertà, la liberazione come processo che inizia qui ed ora e non rimanda alla presa del potere, il rifiuto di una visione puramente ideologica e spesso "opportunista" dell'identità. Credo che sarebbe utile uno sforzo per rendere da un lato più semplice e comprensibile il contenuto della rifondazione comunista, dall'altro di renderne espliciti i riferimenti storici.

Spesso si parla della rifondazione comunista come se fosse un concetto senza storia forse per consentire di unire attorno ad esso biografie politiche diverse. Credo invece che sarebbe utile "storicizzarlo", ovvero collocarlo come filiazione storica, rinnovata e critica, non mummificata, di diversi filoni della sinistra marxista italiana. In primo luogo quella delle correnti di sinistra del PCI che si sono battute contro lo scioglimento del partito. Senza di esse Rifondazione Comunista non avrebbe potuto avere una dimensione relativamente di massa. In secondo luogo quella dei settori più avanzati, teoricamente e politicamente, della "nuova" o "estrema" sinistra. In terzo luogo, anche se meno evidente, il filone del socialismo di sinistra marxista che in Italia ha avuto un ruolo minoritario ma importante e ha colto in qualche momento i limiti della tradizione comunista maggioritaria, pur senza riuscire a contestarne realmente l'egemonia.

Europa, euro, Sinistra Europea

Questa parte del documento presenta qualche incertezza ed almeno una reticenza su un tema importante. Nella parte analitica si dice che "l'Unione Europea così com'è stata costruita è strutturalmente una Europa neoliberista a trazione tedesca, che sta distruggendo il livello di civiltà conquistato nel secondo dopoguerra. (...) Allo stato attuale senza metterne in discussione le sue fondamenta, ovvero i Trattati vigenti e ruolo della BCE, il patto di stabilità e crescita insieme al Fiscal compact, la possibilità di modificare dall'interno l'Unione Europea, puntando sull'ipotetica costruzione di una 'Europa politica', come viene proponendo il PD e la socialdemocrazia europea, è inesistente". Tutti i riferimenti critici a quanto avvenuto negli ultimi anni in termini di riduzione degli spazi democratici e di perseguimento di politiche di austerità sono pienamente condivisibili.

Dovrebbe essere oggetto di dibattito la conclusione che se ne trae ovvero: "Il punto politico seguente è che quindi serve una rottura di questa Unione Europea come condizione per uscire dalla crisi economica e di civiltà e per aprire un percorso di pace, giustizia sociale e democrazia." Si dice poi che "non si tratta di ripiegare su un terreno nazionale" ma è indispensabile "la riconquista di una effettiva sovranità popolare".

Nel capitolo successivo si parla di "disobbedienza unilaterale ai trattati" europei per riguadagnare elementi di "sovranità nazionale". Si parla di recupero di "sovranità monetaria ed economica degli stati e dei popoli". Poi si usano indifferentemente formule come "rifondazione dell'Europa", "rompere con questa UE", "messa in discussione radicale di questa Europa". Tutto questo per costruire un'altra "Europa dei popoli".

Alla fine non è del tutto chiaro quale sia la proposta e la prospettiva. Occorre necessariamente tenere conto che le politiche di austerità e di compressione del livello di vita dei ceti popolari, di arretramento dei diritti dei lavoratori, sono innanzitutto il risultato di scelte politiche delle classi dominanti per far fronte alla crisi capitalistica. In generale i movimenti di lotta più radicali e di massa contestano le politiche della trojka (UE, FMI, BCE) ritenendole appunto scelte e non la conseguenza inevitabile della struttura neoliberista dell'Europa. Spostare l'asse dello scontro dal terreno dell'azione politica ed economica delle classi dominanti a quello della struttura rischia, involontariamente e paradossalmente, di legittimare queste scelte rendendole conseguenza oggettiva della struttura istituzionale.

Se la condizione preliminare per conquistare politiche economiche e sociali diverse è la "rottura dell'Europa" o la "rottura con l'Europa", nell'attesa che ciò avvenga, e questa prospettiva è oggi lontana nelle condizioni poste dai rapporti di forza, si finisce per pensare, a livello di massa, a differenza di quanto accade tra gli intellettuali radicali o di piccoli gruppi , che oggi non si possa fare nulla se non accettare passivamente le politiche di austerità.

Mi sembra che questa impostazione presenti qualche differenza con quanto emerge dalla bozza di documento diffuso pubblicamente da Izquierda Unida come base per il prossimo congresso del Partito della Sinistra Europea. Si dice nel documento: "In nessun modo pensiamo che ci sia da sperare in un crollo e fallimento della Unione Europea ed assistere ai mostri che emergerebbero da tale catastrofe, né tanto meno siamo per promuovere soluzioni nazionaliste che mettano un popolo contro l'altro. (...) Siamo favorevoli a rifondare l'Europa, in altre parole a favore di una nuova definizione dei suoi obbiettivi, delle sue politiche, delle sue strutture, per un modello economico, produttivo, sociale ed ecologico totalmente differente basato sulla solidarietà, la giustizia sociale e la sovranità popolare". Anche l'obbiettivo della "disobbedienza unilaterale ai trattati", per poter essere efficace deve essere collocato in una strategia ed in una prospettiva più chiara di quella che emerge dal documento così come è formulato.

A proposito di Sinistra Europea, mentre il documento afferma positivamente il nostro impegno all'interno di questo progetto che ha dimostrato, a quasi dieci anni dalla fondazione di essere uno strumento utile ed importante e di essere tutt'altro che una "fragile illusione" di cui qualcuno aveva parlato a suo tempo (semmai "fragili illusioni" si sono rivelati tutti i progetti alternativi), non se ne traccia un bilancio chiaro ed esplicito. Sarebbe stato utile dedicarvi ben più spazio, non solo per ricordarne le ragioni fondative, ma anche i risultati positivi ottenuti, così come i limiti che pure saranno oggetto di discussione e approfondimento al prossimo IV Congresso di Madrid.

Pochissimo spazio si è dato in realtà, all'interno della politica del PRC, a ciò che la Sinistra Europea ha prodotto in termini di riflessioni, iniziative politiche, discussioni. Quasi mai sono stati tradotti e diffusi in italiano i documenti e gli appelli che la Sinistra Europea ha diffuso in questi anni. Quasi nessuno dei numerosi documenti che la Sinistra Europea ha partorito sulla crisi,come analisi e come proposte, sono diventati patrimonio comune all'interno del PRC.

Un ultimo accenno al tema complesso della moneta unica. Occorre lanciare la parole d'ordine dell'uscita dall'euro? E' un tema sul quale si è aperto un dibattito nella sinistra europea, con voci anche autorevoli che si sono pronunciate in favore del ritorno a monete nazionali. La gran parte delle organizzazioni politiche della sinistra alternativa ha però respinto questa idea, pur lasciando aperto il dibattito. Il documento di maggioranza non prende esplicitamente posizione su questo tema, anche se lo fa implicitamente non assumendo l'obbiettivo dell'abbandono dell'euro. La  bozza di documento della Sinistra Europea entra invece nel merirto in modo molto più chiaro e del tutto condivisibile: "il Partito della Sinistra Europea non propone il ritiro dell'euro posto che esso non assicurerebbe automaticamente politiche più progressiste. Potrebbe accadere al contrario che si desse un aumento della concorrenza tra i popoli ed un'esplosione del debito pubblico attraverso politiche di svalutazione" (ndr, delle nuove monete nazionali).

Alleanze politiche e sociali

Il problema delle alleanze e dell'unità presenta almeno tre diverse questioni rispetto alle quali i documenti congressuali danno risposte diverse (sulle posizioni espresse negli emendamenti tornerò in un'altra nota).

1) rapporto con il centrosinistra (e al suo interno con il PD e con SEL);
2) rapporto con forze di sinistra antiliberiste o anticapitaliste non comuniste;
3) rapporto con altre forze comuniste.

Il documento di maggioranza tratta il punto 1 e 2 in collegamento tra loro. L'obbiettivo è infatti di costruire "una sinistra alternativa al centrosinistra e al centrodestra". Si deve pertanto "avviare un processo fondativo di un soggetto politico unitario della sinistra di alternativa". Prendendo le mosse da un'analisi critica di precedenti esperienze ("federazione della sinistra" e "rivoluzione civile") si afferma che tale soggetto dovrà basarsi su una "piattaforma antiliberista che delinei l'uscita a sinistra dalla crisi", che sia alternativo al centrosinistra, che "assuma come centrale una piattaforma per la ricostruzione della sovranità popolare e la rifondazione democratica di ogni ambito della vita sociale e politica a partire dalla difesa e dall'attuazione della costituzione". Questo soggetto deve avere come riferimento il GUE, gruppo parlamentare della sinistra europea e il Partito della Sinistra Europea.

Dal punto di vista del metodo questo soggetto non deve essere costruito in modo verticista e "pattizio" (ovvero come accordi tra forze organizzate), ma attraverso il principio "una testa, un voto". Questo soggetto deve avere "la piena titolarità sulla rappresentanza elettorale". Le forze organizzate che vi partecipano non devono sciogliersi ma nemmeno esercitare vincoli di mandato ai propri iscritti, nelle scelte all'interno del soggetto unitario.

Questa proposta viene rivolta a tutte le forze della sinistra (inclusa SEL purché abbandoni l'illusione che politiche di sinistra si possano realizzare nel centrosinistra e nel "Partito Socialista Europeo") a gruppi non partitici come "Cambiare si può", ALBA, Rossa, allo "spazio politico" aperto dall'iniziativa di Landini e Rodotà, a gruppi e comitati locali, ecc.

Sul punto del rapporto con le forze comuniste, il documento di maggioranza ritiene che l'unità si possa raggiungere innanzitutto se si rimuovono le cause politiche che hanno determinato le divisioni, in particolare sul rapporto con il centrosinistra che ha causato il fallimento della Federazione della Sinistra. Una volta rimosso l'ostacolo politico, l'unità può avvenire sul terreno della rifondazione comunista che richiede la necessità di fare i conti con il fallimento delle esperienze del socialismo reale. In attesa di raggiungere questo obbiettivo si può attivare da subito una "nuova unità d'azione". Non è chiaro se, come potrebbe essere utile ,questa formula indichi la proposta di un confronto con il PdCI o con altre forze per definire modalità concrete per l'unità d'azione.

Due osservazioni critiche su questa impostazione che nell'insieme condivido. Sul punto del rapporto con il centrosinistra e con il PD è evidente che non ci sono le condizioni in questa fase politica di realizzare una rapporto unitario se non in condizioni di sostanziale subalternità. Lo dimostra nuovamente anche l'esperienza di SEL. Mi sembra però troppo sbrigativo il modo col quale la questione è trattata nel documento. Sarebbe stato utile argomentare più ampiamente le ragioni dell'impossibilità di un'intesa col centrosinistra guardando alle obiezioni e alle perplessità che su questa scelta si riscontrano all'esterno del partito.

Altra questione che merita una riflessione riguarda l'ancoraggio del "soggetto unitario" alla "Sinistra Europea". Per quanto condivida il progetto della SE mi sembra una forzatura porlo oggi come condizione per la costruzione di un soggetto politico plurale dell'alternativa. Lo stesso Partito della Sinistra Europea si propone, secondo quanto contenuto nella già citata bozza di documento per il IV Congresso, in vista delle elezioni per il Parlamento europeo del 2014 alle quali attribuisce grande importanza, di costruire un ampio "fronte unito contro l'austerità" che consenta una confluenza di forze che vadano al di là dello stesso Partito. Credo che questa indicazione possa essere utile anche per il nostro Paese, per lavorare concretamente alla costruzione di un "fronte contro l'austerità per la Costituzione e per il lavoro" che inizi ad unire forze politiche e sociali oggi disperse. 

Partito e rinnovamento

Il tema del rinnovamento del gruppo dirigente rischia di soverchiare tutti gli altri e di avere un impatto fortemente negativo sul prossimo Congresso del PRC. In qualche caso viene agitato strumentalmente, dentro una logica di scontro tra gruppi e fazioni, non con l'obbiettivo di contribuire alla soluzione dei problemi. 

Il documento di maggioranza indica come uno dei problemi principali il fatto che "il valore positivo della pratica unitaria" si sia tradotto nella "continua contrattazione tra correnti organizzate". Mentre d'altro lato si chiede che il Congresso non si trasformi nella ricerca di un "capro espiatorio" per le sconfitte. Penso che i due lati del problema - rinnovamento del gruppo dirigente e superamento del correntismo - vadano tenuti insieme e solo insieme possano trovare una giusta soluzione. 

Contrariamente all'impressione che è stata data dal Segretario e da una parte del gruppo dirigente, penso sia inevitabile che la riflessione critica derivante da un ciclo di sconfitte, ponga il problema del cambio dei vertici del partito e necessariamente del Segretario stesso. Non è pensabile aprire una fase nuova che superi gli errori compiuti, senza avviare la costruzione progressiva di un nuovo gruppo dirigente, che possa imparare dalle sconfitte ma che a quelle sconfitte non sia continuamente ricondotto nella percezione interna ed esterna del partito. 

Si pone l'esigenza giusta nel documento di una "costruzione effettivamente collettiva della linea politica e dell'iniziativa politica". Abbiamo invece assistito in questi mesi esattamente al contrario. Con un progressiva cancellazione del ruolo e dell'azione collettiva innanzitutto del gruppo dirigente ed un accentramento dell'azione politica sul segretario. Su eventi di grande rilevanza, di politica interna ed estera, la linea è stata dettata con le presenze televisive o tramite la pagina facebook di Ferrero, con prese di posizione a volte caratterizzate da una certa improvvisazione.

La situazione di crisi del partito era tale da richiedere che venisse attivato uno sforzo reale di confronto ed elaborazione collettiva, non solo attraverso i seminari nazionali, ma innanzitutto attraverso la direzione politica del Partito. Questo non è stato fatto e anche questo elemento sollecita con forza l'esigenza di un rinnovamento del gruppo dirigente. Sarebbe stato certamente meglio se il Segretario attuale avesse guidato senza ambiguità questo processo dando un segnale di svolta rispetto alla stessa storia di Rifondazione che ha sempre visto i cambi al vertice come parte di scontri "mortali", tant'è vero che nessun ex segretario o ex presidente di Rifondazione è rimasto all'interno del PRC.

Così come non si può accettare che il cambiamento del Segretario sia lo strumento per una resa dei conti strumentali messa in atto da correnti organizzate, non si può nemmeno accettare che la critica giusta al correntismo sia solo l'altra faccia di quello stesso scontro strumentale. L'esperienza compiuta dice che è necessario ricostruire un modo di essere e di agire nel quale il partito venga prima della corrente, della frazione, del gruppo. Non si tratta tanto di cancellare l'esistenza delle correnti perché questo sarebbe assai difficile se non creando uno stato di guerra permanente nel partito, quanto di favorirne la trasformazione in strumenti di articolazione del dibattito. Andrebbe però rimesso al centro innanzitutto il ruolo degli iscritti in modo che possano intervenire direttamente nella decisione politica senza delegarla ad altri e in tal senso è opportuna la proposta di ricorrere all'uso dei referendum interni.

Non è utile cancellare il pluralismo interno, anche ideologico, perché questo rispecchia differenze che esistono nella società. E' negativo invece il formarsi di gruppi che perseguono la propria linea politica sia all'interno che all'esterno del partito a prescindere dalla decisioni comuni. Il PRC soffre di un tasso di frammentazione eccessivo che indebolisce la possibilità di tornare ad essere il soggetto indispensabile della costruzione di una più larga sinistra alternativa.

Franco Ferrari



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