mercoledì 3 settembre 2014

I comunisti iracheni chiedono unità e cambiamento contro le bande dell'ISIS

Una manifestazione del Partito Comunista Iracheno
Il 10 giugno scorso il cosiddetto "Stato Islamico" (IS o più comunemente ISIS) ha occupato Mosul, la principale città del nord dell'Iraq. Si è così profilata una minaccia politica e militare che è sembrata poter portare ad una rapida estensione del conflitto ed alla sua trasformazione in una generalizzata guerra civile, con la partecipazione anche di Stati Uniti ed Iran.

L'evoluzione della crisi ha suscitato l'attenzione dei media internazionali, ma poco rilievo hanno ricevuto le posizioni di quelle forze che si sottraggono alla caratterizzazione etnico-religiosa che ha dominato il paese dalla invasione degli Stati Uniti in poi.

Si tratta indubbiamente di forze ancora marginali e con un peso politico relativo ma che negli ultimi mesi sono riuscite ad acquisire una certa visibilità sullo scenario interno, di fronte al palese fallimento dei blocchi maggiori nel dare una soluzione positiva alla crisi del Paese.

Nelle elezioni politiche del 30 aprile 2014 si sono presentate unite nella Alleanza Democratica Civile, con la confluenza di partiti di sinistra, democratico-nazionali o genericamente liberali, e vengono definite dai media iracheni come "secolariste", ovvero laiche ed estranee alla divisione etnico-religiosa dominante. Hanno ottenuto un risultato quantitativamente limitato, in presenza però di iniziative delle forze religiose settarie tese ad escluderle completamente dal gioco politico. Con l'elezione di 3 parlamentari, grazie al 4,0% ottenuto nel governatorato di Baghdad, hanno potuto comunque garantire una propria voce sullo scenario istituzionale.

La principale forza organizzata dell'Alleanza Democratica Civile è il Partito Comunista Iracheno che dopo la caduta del regime di Saddam Hussein ha cercato di riorganizzare le proprie forze, notevolmente indebolite dalla repressione subìta da parte del regime baasista e poi dalla crisi generale delle correnti di ispirazione comunista e marxista, particolarmente grave nella regione mediorientale.

Lo stesso giorno dell'occupazione di Mosul da parte delle forze dell'ISIS l'ufficio politico del Partito Comunista ha lanciato un appello per unire tutte le forze patriottiche nello sforzo necessario a combattere il terrorismo. L'appello era rivolto a tutti i partiti politici, alle masse popolari, alle forze armate ed ai peshmerga curdi affinché unissero le fila per fronteggiare la sfida e sconfiggere le forze del terrorismo ed anche far fallire le trame di poteri esterni al paese (non nominati) con i loro disegni pericolosi e negativi per l'Iraq.

Il terrorismo è nemico di tutti, delle varie nazionalità, sette religiose e di qualsiasi affiliazione ideologica e politica e pertanto occorre essere consapevoli dei pericoli rappresentati dal Da'ish (sigla con la quale viene identificato l'ISIS in lingua araba). Vengono nuovamente richiamate senza citarle quelle potenze regionali (mediorientali) ed internazionali che sono dietro all'ISIS, con l'obbiettivo di destabilizzare l'unità nazionale e di alimentare il conflitto settario e le tendenze nazionaliste e scioviniste. La parola d'ordine lanciata dal PC Iracheno è "Uniamoci tutti contro il terrorismo e le sue forze barbariche e lavoriamo per sconfiggerlo rapidamente".

Il 20 giugno il giornale dei comunisti "Tareeq Al-Shaab" approfondisce l'analisi della situazione e lancia la proposta di una "Conferenza nazionale urgente per sconfiggere il terrorismo", dopo l'offensiva che ha portato i "criminali dell'ISIS" ad occupare Mosul.

L'analisi stavolta è più ampia e riguarda l'insieme dei fattori che hanno condotto ad una situazione ritenuta catastrofica. Vengono considerati come elementi determinanti: l'assenza di fiducia tra i principali gruppi politici, le tensioni fra il governo regionale curdo e il governo centrale e tra quest'ultimo e diverse province, l'approfondirsi delle conseguenze distruttive della politica di "divisione etnico-settaria del potere", le lotte per la spartizione del potere, la corruzione galoppante, il malgoverno, la bassa qualità dei servizi, l'alto livello di povertà e disoccupazione così come lo scontro tra interessi di altri stati sul territorio iracheno. 

Le forze di sicurezza e militari sono state utilizzate per obbiettivi politici sulla base della divisione settaria del potere, al di fuori delle funzioni affidatele dalla Costituzione ed al servizio del blocco politico dominante. In questo modo è stata minata la loro coesione e la loro competenza e disciplina. Quanto accaduto a Mosul, dove le forze di sicurezza hanno abbandonato frettolosamente la città, dimostra l'importanza di una positiva relazione tra le istituzioni di sicurezza e militari e l'ambiente nelle quali esse operano.

Viene rilevato che l'ISIS è solo l'elemento organizzato preminente ma non è l'unica forza attiva nell'offensiva militare. Si è invece in presenza di una vasta alleanza che si propone di interrompere il processo politico democratico e di far ritornare l'Iraq all'era dell'oppressione, della tirannia e della dittatura. 

Una strategia corretta finalizzata a combattere l'ISIS e altre analoghe forze terroristiche deve essere caratterizzata da chiarezza, obbiettività e realismo, superando gli errori e le carenze che hanno portato all'attuale situazione. I comunisti propongono la tenuta di una Conferenza Nazionale con una agenda definita e una chiara definizione dei tempi, da svolgersi prima possibile e da concludere con la formazione di un organismo temporaneo consultivo che affianchi il governo (al momento della diffusione di questo editoriale il nuovo governo, successivo alle elezioni del 30 aprile, non si è ancora formato). 

Il piano strategico per battere il terrorismo deve unire le azioni di sicurezza con flessibili azioni politiche che rimuovano le cause delle tensioni, risolvano i problemi sociali ed economici e migliorino la qualità sei servizi pubblici. Tutte le forze che si propongono di ottenere la pace, la sicurezza e la stabilità, di rafforzare la democrazia e di assicurare le libertà pubbliche e personali devono essere invitate a partecipare alla Conferenza.

La delegazione del PCI incontra il
Presidente della Repubblica, Fuad Masum
L'obbiettivo della Conferenza Nazionale è stato reiterato nelle successive prese di posizione dei comunisti ed è stato presentato al Presidente della Repubblica Fuad Masum, un esponente dell'Unione Popolare Curda (PUK), eletto dal nuovo parlamento ai primi di luglio. L'incontro si è tenuto il 17 agosto e ad esso hanno partecipato Raed Fahmi ed altri dirigenti comunisti. Secondo il comunicato emanato dal partito, il Presidente della Repubblica (che fu militante comunista per un breve periodonegli anni '60, prima di aderire al Partito Democratico Curdo e poi alla Unione Patriottica Curda) avrebbe accolto con favore la proposta comunista così come di ogni altra proposta utile a favorire il dialogo fra le diverse forze politiche ed a superare i conflitti della fase precedente.

La nomina di al-Abadi a Primo Ministro

L'11 agosto Haider al-Abadi, uomo politico appartenente al partito islamico Dawa, è stato nominato Primo Ministro con il compito di dar vita ad una compagine con una più larga base di sostegno di quella di cui poteva disporre il Primo Ministro uscente Nuri al-Maliki. Quest'ultimo è stato considerato da molti in Iraq e fuori come il principale responsabile dell'aggravarsi della crisi e della crescente rottura tra la maggioranza sciita da un lato e le componenti sunnite e curde dall'altro. 

Il tentativo di al-Maliki di restare al potere, grazie al buon risultato ottenuto dalla sua coalizione alle elezioni del 30 aprile, è fallito perché quasi tutti i suoi sostenitori (Stati Uniti, Iran, il leader religioso sciita al-Sistani) lo hanno abbandonato. Il Primo Ministro designato appartiene allo stesso partito di al-Maliki, ma sembra essere una figura più consensuale ed inclusiva. Il Partito Comunista ha espresso la propria valutazione della nomina di al-Abadi in un editoriale del suo giornale "Tareeq al-Shaab".

Per i comunisti la nomina avviene dopo l'elezione del Presidente del Parlamento e del Presidente della Repubblica, rapresentando perciò un successo nel completamento del processo di transizione politica del potere. Viene rilevato che la nomina del nuovo Primo Ministro è stata accolta favorevolmente dai circoli politici sia all'interno dell'Iraq che a livello arabo, mediorientale ed internazionale. Questi positivi segnali costituiscono un significativo vantaggio per costruire un governo con una più ampia base politica. 

La necessità di fronteggiare le forze terroristiche e anti-popolari rende necessario adottare un nuovo approccio e un nuovo stile di pensiero nel trattare con le forze politiche e con i problemi aperti nel paese. Questo nuovo stile deve essere basato - sostengono i comunisti - sul dialogo, la consultazione, la partecipazione genuina e deve instillare fiducia. 

E' necessario aprire una nuova fase politica per restaurare l'unità nazionale, respingere i discorsi e le pratiche che alimentano l'intolleranza e l'estremismo religioso, confessionale ed etnico. I ministri devono essere scelti sulla base delle competenza, dell'integrità e della dedizione agli interessi del popolo e non sulla base della suddivisione settaria del potere. In questo contesto il Partito Comunista guarda con favore alla cooperazione fra le forze politiche che aderiscono alla Costituzione. 

Infine si invitano le forze che sono scettiche riguardo la nomina di al-Abadi e critiche sulla costituzionalità della sua designazione (un riferimento implicito ad al-Maliki ed ai suoi fedelissimi) a non minacciare la stabilità e ad ostacolare il processo pacifico di trasmissione del potere, per evitare al Paese nuove divisioni in un momento tanto critico di lotta contro le forze del terrorismo.

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