domenica 2 novembre 2014

La sinistra, Kobane e l'ISIS

Una resistente curda in Siria
La coraggiosa resistenza delle milizie di autodifesa curde legate al Partito di Unità Democratica (PYD), a sua volta ideologicamente affine al Partito dei Lavoratori Curdi (PKK) di Abdullah Oçalan, prosegue ormai da oltre due mesi nella città siriana di Kobane (Ayn al-Arab, secondo la denominazione araba).

Vicinissima al confine con la Turchia, Kobane, costituisce uno dei tre "cantoni" siriani a maggioranza curda che sono finiti sotto il controllo degli autonomisti del PYD, ed è costretta a sostenere l'assalto delle bande militari del cosiddetto Stato islamico (ISIS). L'ISIS cerca di vincere la battaglia di Kobane per diversi motivi: 1) godere dell'impatto psicologico di un nuovo successo militare dopo che ha dovuto parzialmente arrestare l'offensiva in territorio iracheno; 2) debellare una esperienza laica, multietnica e anti-patriarcale com'è quella della Kobane curda; 3) creare una lunga zona di territorio siriano e iracheno che va da Raqqa a Mosul, sotto il proprio completo controllo.

La resistenza di Kobane si è trovata inizialmente molto isolata sul piano internazionale, in quanto rappresenta, nella zona geografica costituita da Iraq, Siria e Turchia, una terza opzione tra le forze filo-occidentali, tutt'altro che omogenee tra loro, e quelle che non sono alleate degli Stati Uniti, anch'esse per nulla omogenee tra loro.

Anche per quanto riguarda le forze di sinistra è prevalso inizialmente il silenzio sulla vicenda. Solo con il mese il mese di ottobre, quando il conflitto è stato seguito più ampiamente dai media, si sono  moltiplicate le prese di posizione, le quali hanno però fatto emergere delle differenze rilevanti.

A differenza di altre crisi recenti che hanno dominato lo scenario politico internazionale (l'aggressione israeliana a Gaza ed il conflitto in Ucraina tra nazionalisti ucraini di destra e nazionalisti filo-russi) che hanno suscitato molte reazione e molta attenzione, l'offensiva dell'ISIS, prima in Iraq e poi in Siria, ha fatto emergere reazioni incerte o contrastanti.

Sul sito Solidnet, gestito dal PC Greco che ospita molte prese di posizioni di partiti comunisti di vario orientamento, a differenza di quanto avvenuto per Gaza e l'Ucraina, le vicende legate all'ISIS e ai curdi non sono state ritenute meritevoli di uno spazio speciale e molti partiti non hanno pubblicato in merito alcuna dichiarazione. Tra coloro che si sono espressi i temi principali toccati riguardano il giudizio sull'ISIS, la politica americana ed il ruolo e le prospettive dei curdi.

Una serie significativa di partiti comunisti e di sinistra hanno preso posizione apertamente in favore della resistenza curda nella città siriana di Kobane. In questo schieramento si trovano organizzazioni che hanno riferimenti ideologici e strategie politiche tra loro diversi.

Troviamo, ad esempio, un partito maoista radicale come il Partito Comunista delle Filippine (PCP) che ha pubblicato il 13 ottobre scorso un documento ufficiale nel quale si inneggia alla "resistenza rivoluzionaria armata dei curdi di Kobane contro l'ISIS". Il documento cita favorevolmente ed in modo esplicito il ruolo delle Unità di Protezione Popolare (YPG) e lo inquadra nella lotta del popolo curdo per l'auto-determinazione e per la costituzione di uno stato indipendente nell'area che si trova tra il nord della Siria, il nord dell'Iraq, il sudest della Turchia e il nordovest dell'Iran (un obbiettivo che almeno per il momento lo stesso PKK ha in parte abbandonato). Il PC delle Filippine denuncia la brutalità dell'ISIS che ha messo in atto massacri e stupri nei confronti di migliaia di persone. La resistenza armata curda - si osserva - si è rivelata la più ampia e la più efficace contro l'ISIS.

Un'altra corrente comunista che ha preso posizione a favore di Kobane è quella che un tempo si definiva "filo-albanese". In particolare due partiti della sinistra turca hanno pubblicato dichiarazioni che possono essere considerate esemplificative delle posizioni di questa tendenza.

Il Partito Comunista Marxista-Leninista (MLKP) ha ripreso la parola d'ordine della guerra civile spagnola "Oggi Madrid è la nostra patria!", sostituendo Kobane alla capitale della Spagna antifranchista. Questo partito oltre ad esprimere il proprio sostegno per la resistenza dell'YPG, valuta in modo molto favorevole tutta l'esperienza della "rivoluzione del 19 luglio 2012 a Rojava". Rojava è il termine che i curdi utilizzano per la parte nord della Siria e corrisponde all'ovest del Kurdistan ed il 19 luglio è la data nella quale le truppe siriane del regime di Assad si sono ritirate e sono nati i "cantoni" autonomi.

Suphi Nejat Agimasli, il comunista turco caduto
nella difesa di Kobane
Per quanto riguarda il ruolo delle "forze imperialiste guidate dagli USA", l'MLKP ritiene che la loro strategia fosse (il documento è di alcune settimane fa) di attendere che l'ISIS distruggesse la "Rivoluzione di Rojava"  prima di intervenire per attaccare l'ISIS. Inoltre il documento critica anche il regime di Assad in quanto non agisce militarmente contro l'ISIS. L'MLKP ha perso anche un proprio militante Suphi Nejat Agimasli, che in agosto aveva deciso di recarsi a Kobane per combattere l'ISIS a fianco dei curdi. La scelta viene presentata come personale ed il trentenne turco viene presentato come "un militante comunista turco martire nella resistenza di Kobane". Il partito però rivendica nel suo comunicato di prendere parta alla rivoluzione di Rojava e di lottare a fianco dei suoi combattenti.

Il Partito del Lavoro Turco (EMEP), da non confondere con l'Isci Partisi (IP) di Dogu Perincek che a volte viene tradotto in inglese con la stessa denominazione, ha pubblicato un lungo documento il 7 ottobre scorso, intitolato "Kobane ha bisogno del sostegno internazioale", con un'analisi sostanzialmente corretta e non propagandistica degli eventi recenti.

Le origini del conflitto vengono individuate innanzitutto nella situazione dell'Iraq che, a seguito dell'occupazione degli Stati Uniti, è stato di fatto diviso in tre parti. I sunniti emarginati del potere hanno scelto la strada dell'opposizione contro il regime, a forte dominanza sciita, opposizione che in qualche caso si è trasformata in lotta armata. In questa situazione le forze religiose radicali come Al-Qaeda e i jihadisti salafiti, hanno guadagnato forza, anche grazie all'appoggio di Turchia, Qatar e Arabia Saudita.

Successivamente, con lo scoppio della guerra civile in Siria, forze irachene salafite e di Al Qaida sono entrate in questo paese per combattere il regime baasista. I paesi mediorientali alleati degli Stati Uniti e l'Unione Europa hanno sostenuto anche i gruppi islamisti radicali contro Assad, essendo questi molto meglio organizzati ed efficaci nell'azione militare di quanto non fosse il frammentato e disorganizzato Esercito Libero Siriano (FSA). Il ruolo crescente assunto da questi gruppi radicali, in connessione con l'espansione della loro azione in altri paesi come la Libia, ha messo in pericolo gli interessi degli Stati Uniti, e questo ha spinto l'Amministrazione Obama a ridurre il sostegno politico e militare alle organizzazioni religiose radicali.

Quando le forze dell'ISIS hanno cominciato ad avanzare verso Bagdad, conquistando facilmente la città di Mosul e a mettere in pericolo la regione governata dai curdi, gli Stati Uniti sono intervenuti fornendo armi, istruttori e soprattutto con raid aerei contro le posizioni degli islamisti. Mentre i peshmerga legati al partito di Barzani che domina il Governo Regionale Curdo, non hanno retto all'offensiva dell'ISIS fino a che non c'è stato l'intervento diretto degli Stati Uniti, il PKK si è scontrato con le bande islamiste ed ha messo in salvo decine di migliaia di iracheni appartenenti alla minoranza religiosa degli Yazidi (considerati linguisticamente ed etnicamente curdi).

I curdi di Kobane, spiega ancora il documento dell'EMEP, chiedono armi per combattere l'ISIS e di aprire un corridoio che consenta ai curdi di spostare a Kobane le armi pesanti catturate dal PKK dopo essere state abbandonate dall'esercito turco e dai peshmerga di Barzani. L'EMEP, assieme alle altre forze progressiste democratiche in Turchia è impegnato nelle manifestazioni popolari che cercano di spingere il Governo di Erdogan a sostenere Kobane. Il governo turco è accusato di volere annullare il ruolo  del PYD e del YPG tra i curdi siriani, per poi far occupare la Rojava da forze anti-Assad allineate con l'occidente.

L'EMEP si oppone al piano di creare una zona cuscinetto al confine tra Turchia e Siria ed anche all'ingresso di forze militari turche in Siria. Chiede invece, insieme alle forze democratiche e progressiste curde, che la Turchia appoggi il popolo di Kobane e di Rojava contro l'ISIS.

Per quanto riguarda i partiti comunisti che possono essere genericamente ascritti alla tradizione filosovietica esistono differenze di accenti e di posizioni. A favore dei combattenti di Kobane si possono ascrivere le prese di posizione dei comunisti iraniani del Tudeh, dei comunisti libanesi e dei comunisti sudafricani.

Il Tudeh ha publicato un documento di "Solidarietà con il popolo di Kobane nella sua lotta" contro la "barbarie dell'ISIS". Il retroterra di questa crisi va collocata nello scenario determinato dalla invasione militare dell'Iraq da parte degli Stati Uniti. Secondo il Tudeh, Kobane non è solo sotto attacco da parte dell'ISIS ma anche dei regimi reazionari del Medio oriente in quanto negli anni scorsi non ha cooperato con la politica dell'"imperialismo globale" per un cambiamento di regime in Siria. Il Tudeh, senza citare esplicitamente le organizzazioni che guidano la resistenza di Kobane, esalta il ruolo dell donne curde come "significativo ed esemplare". Il Tudeh chiede che vi sia un intervento di una forza internazionale di peace-keeping (mantenimento della pace) sotto la guida diretta dell'ONU.

Il Partito Comunista Libanese dal canto suo condanna i massacri terroristici di Kobane da parte dell'ISIS con la complicità della Turchia. La Coalizione messa in piedi dagli Stati Uniti non è finalizzata ad eliminare il terrorismo ma a imporre nuovamente la sua influenza nella regione per condurre le proprie "politiche imperialiste aggressive". Il Partito Comunista Libanese fa appello ai partiti comunista, operai, di sinistra e progressisti arabi e di tutto il mondo per organizzare un'ampia campagna di solidarietà con Kobane e confermare l'opposizione ai progetti imperialisti ed alle organizzazioni terroristiche.

Al di fuori del Medio oriente anche i comunisti sudafricani (SACP) sono intervenuti con un documento nel quale esprimono la solidarietà con il popolo curdo e denunciano la passività del governo turco mentre le forze dell'ISIS continuano la loro offensiva "genocida". Nel loro documento i comunisti sudafricani rilevano che i curdi siriani hanno tenuto un atteggiamento di "non scontro" con il "governo laico" di Bashar al-Assad, ricordano che il popolo curdo è vittima della suddivisione dei confini effettuata in periodo coloniale e chiedono la liberazione di Abdullah Oçalan.

Altri interventi di partiti comunisti concentrano invece l'attenzione solo sulla condanna dell'azione militare americana e dei paesi loro alleati. E' il caso, ad esempio del documento del Partito Comunista Israeliano, il quale "condanna con fermezza l'intervento imperialista guidato dagli Stati Uniti in Iraq e in Siria." Dichiara poi di condividere che i crimini barbarici di organizzazioni reazionarie come l'ISIS e Jabhat al-Nusra vadano contrastati ma, in ogni caso questa lotta non può essere combattuta dalle potenze imperialiste. Il PC israeliano sostiene che sono stati gli USA e i loro alleati ad avere creato l'ISIS, armandolo, equipaggiandolo e finanziandolo. Il documento ignora la resistenza di Kobane e la situazione della minoranza curda.

A fine settembre, la fazione di Bakhdash del Partito Comunista Siriano, alleata del Baas di Assad, aveva pubblicato in inglese un documento nel quale denunciava i bombardamenti USA della Siria come una violazione della legge internazionale riguardante la tutela della sovranità nazionale. Per quando riguarda l'ISIS aderiva completamente alla visione complottista secondo la quale si tratterebbe di un'organizzazione "creata nei laboratori dei circoli dell'intelligence imperialista", con un ruolo particolare delle agenzie USA e britannica e il contributo dei "circoli sionisti" al fine di creare un pretesto per intervenire militarmente nei paesi della regione, in particolare in Siria.

In queste dichiarazioni gli eventi vengono letti in una logica bipolare, pro o contro gli Stati Uniti. L'ISIS viene condannata ma viene ricondotta a strumento-pretesto creato ad arte dalle potenze imperialiste; per alcuni tutt'ora pienamente controllato per altri sfuggito di mano ai creatori. La vicenda dei curdi o delle minoranze irachene finite sotto i colpi dell'ISIS viene completamente ignorata.

Un'altro punto di vista che, anche se minoritario, merita di essere citato è quello espresso dal Partito Comunista della Svizzera Italiana, organizzazione ticinese collegata Partito Svizzero del Lavoro, ma con un profilo politico ed ideologico del tutto autonomo. La posizione di questa organizzazione è interessante perché fa da eco a posizioni presenti in settori della sinistra turca, in particolare del Partito Operaio (Isci Partisi) di Dogu Perincek, sorto negli anni sessanta nell'ambito dello sviluppo del movimento filo-cinese in Turchia, oggi affine a settori kemalisti, nazionalisti ed eurasisti.

Una recente manifestazione di curdi in Germania
Il PC ticinese equipara l'ISIS ai curdi in quanto forze che puntano entrambe alla "balcanizzazione" del Medio oriente. Il PYD, che guida la resistenza a Kobane, in quanto alleato ed affine del PKK, minaccia l'integrità degli Stati della regione e viene considerato una pedina del piano di "nuovo Medio Oriente" condotto dagli Stati Uniti. Viene pertanto respinto dal PC ticinese qualsiasi sostegno al "secessionismo curdo". Per quanto riguarda l'ISIS si sostiene che è stata "creata dagli Stati Uniti con lo scopo di abbattere la coalizione tra socialisti e comunisti che governa la Repubblica araba di Siria". Questo legame sarebbe stato confermato da Hillary Clinton.. In verità la Clinton, criticando Obama, ha sostenuto tutt'altro, ovvero che lo scarso impegno del governo americano a sostenere l'opposizione non islamista al regime di Assad, ha favorito la crescita dell'ISIS.

Tra le organizzazioni non facilmente classificabili nelle correnti finora citate ed intervenute con prese di posizione sulla resistenza di Kobane si possono richiamare quella del Fronte Popolare per la Liberazione della Palestina ed il Partito Comunista-Operai d'Iran.

Il Fronte Popolare per la Liberazione della Palestina (FPLP) fa appello ad un fronte rivoluzionario unificato di solidarietà con la lotta del popolo di Kobane contro l'ISIS. I popoli della regione, sostiene il Fronte, sono sotto l'attacco dell'imperialismo che si incarna non solo nell'occupazione e nei raid aerei, ma anche con il sostegno a governi reazionari, nella promozione del settarismo etnico-religioso e attraverso gruppi reazionari con un programma di creazione del caos. Tutto questo serve a distogliere dal conflitto principale della regione, quello dei popoli con il sionismo e l'imperialismo.

Il FPLP, nelle parole di Khaled Barakat si dichiara a fianco del popolo siriano che sta difendendo la sua unità contro i tentativi di spartizione del paese, progetto che costituisce il fine dell'ISIS. I combattenti curdi, uomini e donne, lottano per la loro libertà e le loro vite contro gruppi reazionari la cui presenza nella regione è stata foraggiata dall'imperialismo e dai suoi alleati ed agenti nella regione. Il Fronte denuncia il ruolo della Turchia, che è anche il principale partner commerciale di Israele, e ricorda la lunga tradizione di sostegno da parte dei rivoluzionari palestinesi verso i combattenti della libertà curdi. Nessun aiuto o soluzione può venire dall'intervento o dall'assistenza dell'imperialismo

Per il Partito Comunista-Operaio d'Iran, che ha una linea politica tradizionalmente ultra-laicista, dichiara che Kobane si è trasformata nel simbolo della resistenza dell'umanità contro la barbarie islamica". La sconfitta dell'ISIS non sarebbe solo la sconfitta di un gruppo islamico ma una colpo per l'intero movimento islamico. Il rovesciamento dell'ISIS sarebbe anche una sconfitta per le politiche degli Stati Uniti e per tutti quelli che hanno creato l'ISIS, Al-Qaida e la Repubblica Islamica d'Iran. La vittoria a Kobane sarebbe un passo in quella direzione perciò il Partito invita a sostenere con tutte le forze l'eroico popolo di Kobane.

Un'altra voce che si è aggiunta alla solidarietà verso i curdi ed in particolare verso le "coraggiose donne di Kobane" è quella dell'Afghana Malalai Joya, vicina alla RAWA, la l'Associazione rivoluzionaria delle donne afghane, già componente del parlamento dal quale è stata esclusa per volontà dei signori della guerra. Malalai ricorda che il popolo d'Afghanistan ha sofferto sotto il dominio degli oscurantisti e fondamentalisti "fratelli dell'ISIS". Il "nostro popolo sarà ispirato dalla vostra lotta coraggiosa".

In Europa, le organizzazione collettive della sinistra si sono espresse in favore di Kobane ma con una certa prudenza, probabilmente necessaria per tener conto delle differenze di opinione esistenti tra i vari partiti. Il Gruppo parlamentare europeo GUE/NGL ha preso posizione con una dichiarazione di solidarietà della presidente, la tedesca Gabi Zimmer, che il 7 ottobre scorso ha incontrato un gruppo di dimostranti curdi entrati nel parlamento europeo per attirare l'attenzione sulla situazione dei curdi in Siria, sotto attacco da parte dell'ISIS. La Zimmer ha sollecitato una soluzione internazionale dei conflitti in Medio Oriente con la partecipazione di tutti i partners della regione, incluso l'Iran.

Il Partito della Sinistra Europea ha inviato a fine ottobre, al confine della Turchia con la
La delegazione del Partito della Sinistra Europea
in visita a Suruç
Siria, un'ampia delegazione per visitare i campi dei rifugiati che hanno attraversato il confine per fuggire all'offensiva dell'ISIS. Della delegazione hanno fatto parte il Presidente del Partito e segretario nazionale del PCF, Pierre Laurent, il segretario di Rifondazione Comunista, Paolo Ferrero, esponenti di Syriza, dell'Alleanza Rosso-Verde danese e dell'ODP, il partito turco che aderisce alla SE.


Il Partito Comunista Francese ha preso posizione da diverse settimane a favore della resistenza curda ed ha denunciato con molta forza la politica di Erdogan e del governo turco. Nell'appello pubblicato per convocare un'assemblea che si terrà il prossimo 14 novembre, il PCF avanza tre richieste: 1) inviare armi ai curdi di Kobane per resistere all'ISIS, 2) eliminare il PKK dalla lista delle cosiddette "organizzazioni terroristiche" dell'Unione Europea; 3) smantellare le reti di sostegno finanziario e militare ai jihadisti che coinvolgono anche stati membri della NATO o alleati degli Stati Uniti; 4) sostenere le iniziative umanitarie ai rifugiati. Comunisti e Front de Gauche hanno partecipato alla manifestazione che si è tenuta il 1° novembre a Parigi.

Richieste analoghe sono state avanzate anche da Rifondazione Comunista attraverso il segretario Paolo Ferrero che ha pubblicato sul Manifesto un resoconto della visita effettuata nella cittadina turca di Suruç. Ferrero sottolinea che i curdi sono perseguitati perché perseguono una strategia democratica e socialista e per questo stesso motivo è un dovere morale e politico sostenerli.

Un partito europeo che si è particolarmente esposto nel sostegno alla resistenza curda è l'Alleanza Rosso-Verde danese (Enhedlisten) che ha consegnato al presidente del PYD curdo, 40.000 corone danesi (pari a 5.500 euro) raccolte in pochi giorni tra i militanti. Una piccola somma simbolica seguita alla decisione del parlamento danese di respingere la richiesta dei rosso-verdi di sostenere i curdi siriani analogamente a quanto deciso in precedenza a favore dei curdi iracheni. Il contributo è stato dato per l'acquisto di armi.

In parlamento Enhedlisten aveva deciso di approvare, unendosi a tutti gli altri partiti danesi, l'invio di un aeroplano Hercules per consegnare armi e munizioni alle milizie curde dell'Iraq in guerra contro l'ISIS. Dopo un'approfondita discussione Enhedlisten ha deciso di votare a favore avendo verificato alcune condizioni preliminari, in particolare che il voto non implicasse nessuna azione militare diretta della Danimarca nella regione. La decisione è stata presa anche per le pressanti richieste avanzate da tutte le organizzazioni curde democratiche e di sinistra presenti in Danimarca, inclusi i militanti curdi iscritti ad Enhedlisten.

Il partito ha invece votato contro alla successiva richiesta del governo danese di inviare 7 cacciabombardieri F16 e 300 militari per partecipare alla coalizione guidata dagli Stati Uniti. L'opinione dell'Alleanza Rosso-Verde è che si debbano sostenere le forze democratiche locali che operano sul terreno e con questo obbiettivo continuerà a raccogliere fondi.

Franco Ferrari

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